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MILANO
COI TIPI DI GIUSEPPE BERNARDONI È 1873.
PRESIDENZA PEL 1873
Presidente, Dott. EurLio CorNALIA, Direttore del Museo Civico di Milano, ecc., via Monte Napoleone, 36. Vice-Presidente, ANTONIO VILLA, via della Sala, 6. | STOPPANI sac. ANTONIO, prof. di Geologia nel R. Istituto Tecnico supe- Ì riore in Milano, via Palestro, 2. Segretarj d i | SorDELLI FERDINANDO aggiunto al Museo di storia naturale di Milano,
via Monforte, TT.
Cassiere, GARGANTINI-PIATTI GIUSEPPE, via del Senato, 14.
MEMORIE
DELLA
SOCIETÀ ITALIANA DI SCIENZE NATURALI Tomo I, N.
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Sonovi taluni argomenti, i quali, perchè vanno per la bocca di tutti, perchè sono, da molto tempo, oggetto di studii accurati, si reputano universalmente conosciuti, ben- chè in molti punti siano rimasti oscuri. E così, quantunque l'apparecchio produttore del veleno dei serpenti, e specialmente della vipera, abbia destato, da lungo tempo, la curiosità dei naturalisti, ed illustri anatomici si siano in diversi tempi occupati di questo interessante oggetto, tra i quali basta citare i nomi di Fontana, Schlegel, J. Miiller, Duvernoy, R. Owen, pure la struttura della glandola stessa del veleno non si conosce finora appieno; anzi, le opinioni di J., Miiller, di R. Owen, di Sou- beiran e di A. B. Meyer, che più se ne sono occupati, sono tra loro in manifesta con- traddizione. Nell’intento di sciogliere questo nodo, impresi, sulla Vipera Fedii, una serie di ricerche, estese poi ad alcuni altri serpenti velenosi, ed, oltre la soluzione del quesito propostomi, riuscii a trovare alcuni fatti nuovi, nella disposizione dei muscoli del capo, i quali vengono da tutti inesattamente descritti, perchè tutti copiano la de- scrizione e le figure, non sempre esatte, di Duvernoy ; come anche venni a scoprire i nervi della glandola del veleno, non ancora descritti (1).
Non credo a proposito premettere a questo lavoro una estesa bibliografia, la quale starebbe acconciamente a capo di una monografia e nuocerebbe invece alla buona di- sposizione di questi semplici studii. Per quanto riguarda la letteratura, rinvio dunque
(1) Questo lavoro è stato da me presentato come candolo ora, vi ho introdotto poche modificazioni dissertazione per la laurea in Storia naturale, nel ed aggiunte. febbraio 1872, nella Università di Napoli. Pubbli-
4 C. EMERY, STUDII ANATOMICI SULLA VIPERA REDII. il lettore ai lavori di Meckel, di Duvernoy e di Dumeril, limitandomi a citare, ove sia d’uopo, gli autori più importanti.
Ed ora sento il dovere di esprimere la mia sincera riconoscenza al chiaro dottor G. Paladino, professore nella R. Scuola di Medicina veterinaria di costì, nel cui labo- ratorio eseguii la parte istologica delle mie ricerche, e dei cui consigli ebbi molto a profittare; così anche all’illustre dottor P. Panceri, professore di anatomia comparata nell’ Università di Napoli, ed all’egregio dottor A. Forel di Morges (Svizzera), i quali gentilmente vollero occuparsi a procurarmi libri e materiali da studio.
Napoli, giugno 1873.
C. EMERY.
I. DELLA GLANDOLA DEL VELENO, CONSIDERATA NEI SUOI RAPPORTI ANATOMICI.
La glandola del veleno trovasi nella fossa temporale, immediatamente al dissotto della cute. Ha forma triangolare, con un angolo anteriore, che corrisponde alla estre- mità inferiore dell’osso frontale posteriore, e si continua col dotto escretore, un angolo superiore, in vicinanza dell'inserzione del muscolo temporale posteriore all’ osso ma- stoideo, ed un angolo postero-inferiore, presso la commessura delle labbra. Presenta due facce: una esterna, che si trova in relazione con la cute, ed una interna, che guarda il fondo della fossa temporale.
La glandola è interamente rivestita da una forte capsula fibrosa o capsula aponeu- rotica, fatta di tessuto connettivo assai fitto, con fibre elastiche. Questa capsula è sem- plice sulla faccia interna della glandola, mentre nella faccia esterna essa si sdoppia in due foglietti: un foglietto superficiale, che dà attacco al muscolo compressore, ed un foglietto profondo, che riveste la sostanza della glandola e manda alcuni sepimenti, i quali dividono in lobi il parenchima glandolare. Tra i due foglietti, esiste uno spazio chiuso, rivestito di un epitelio simile a quello delle sierose, e dimostrabile col nitrato d’argento: questo spazio ha la medesima forma triangolare della glandola ed è limitato dalla riunione dei due foglietti aponeurotici, lungo i margini di essa; non vi si con- tiene liquido in quantità apprezzabile, per cui le sue pareti stanno a mutuo contatto.
Alcuni legamenti prendono attacco agli angoli della capsula aponeurotica, per fissarla alle ossa vicine. L'angolo anteriore ha due legamenti: l’uno, più breve e ro- busto, parte dall’apice dell'osso frontale posteriore (fig. 3 £); l’altro, lungo e sottile, parte dal condile dell'osso mascellare e, rasentando il contorno inferiore dell’orbita, va a fissarsi alla capsula, in vicinanza del primo (fig. 3 a). L’ angolo superiore riceve l'inserzione di un breve ligamento, il quale parte dall’osso mastoideo, in vicinanza della sua articolazione con l'osso timpanico (fig. 1 7). L’angolo postero-inferiore si continua col ligamento articolo-mascellare di Duvernoy: questo ligamento non si attacca semplicemente alla glandola del veleno, ma, verso la metà o il terzo anteriore
6 C. EMERY,
di sua lunghezza, manda un fascetto ligamentoso, il quale va a fissarsi alla cute della commessura delle labbra, e corrisponde al legamento articolo-mascellare dei serpenti innocui,
Nel PeLias Berus, Duvernoy non ascrive alla glandola del veleno altro legamento che il solo articolo-mascellare, e di questo, descrive soltanto il ramo glandolare; in- vece, tanto in questa specie, quanto nel CERASTES CORNUTUS, esistono tutti i ligamenti da me riconosciuti nella Vipera ReDII (1).
II. DEI MUSCOLI ELEVATORI DELLA MANDIBOLA E DELL’APONEUROSI BOCCALE.
In vicinanza della glandola del veleno ed in immediato rapporto con essa, stanno, come è noto, i muscoli della masticazione, in diverso modo modificati, nelle varie specie di serpenti velenosi.
Nella Vipera Repu, il muscolo temporale anteriore (massetere di RE. Qwen) sì divide in due masse, le quali costituiscono due muscoli perfettamente indipendenti; e ciò a differenza di quanto asseriscono gli autori. La massa principale, che chiamerò muscolo compressore della glandola, ha la sua inserzione superiore sulla faccia ante- riore della glandola, e propriamente, sul foglietto superficiale della capsula aponeuro- tica; le sue fibre si riflettono dietro il margine posteriore della glandola, indi si dirig- gono obliquamente in avanti e si fissano alla mandibola, nei due quarti mediani di quest’osso (fig. 1. a).
L'altra porzione del muscolo temporale-anteriore si attacca, in sopra, alla cresta del parietale, immediatamente dietro dell’ orbita, scende obliquamente in dietro, rico- prendo la parte posteriore della glandola lagrimale, per immergersi poi dietro la glan- dola del veleno, passando tra questa e la porzione riflessa del muscolo compressore e si fissa alla mandibola, esternamente alla inserzione degli altri muscoli (fig. 1-2. d.).
Il muscolo temporale medio o profondo prende inserzione alla cresta del parietale, tra il temporale anteriore ed il posteriore, e, passando dietro la glandola del veleno e i muscoli superficiali, si attacca alla mandibola, dietro il muscolo compressore (fig. 1-2. c.).
Il muscolo temporale posteriore occupa uno spazio triangolare, limitato, in due dei suoi lati, dall’osso timpanico e dal quarto posteriore della mandibola; alcune fibre
(1) Nell’ EcHIs CARINATA evvi inoltre un lega- broso, va ad attaccarsi sulla faccia esterna della mento, il quale, dalla metà inferiore dell’ osso capsula della glandola velenosa. frontale, posteriore, sotto forma di largo nastro fi- 12 agosto 1873.
STUDII ANATOMICI SULLA VIPERA REDII. 7
di questo muscolo si attaccano al /:gamento di Duvernoy che fissano in sito (figu- ra 1-2. d.).
Il muscolo pterigoideo esterno, come in tutti i solenodonti, ha per funzione di riti- rare in dietro la mascella e con essa il dente forato, e perciò prende inserzione, in die- tro, alla mandibola, in avanti, con due tendini, alla mascella ed alla guaina dei denti velenosi; alcuni fascetti più interni, sinora non descritti, giunti alla metà della lun- ghezza del muscolo principale, si continuano in un tendine sottile, che si inserisce al margine inferiore della capsula della glandola (fig. 3. e'.). In un caso, ho visto questo fascetto muscolare convertito in legamento fibroso.
Nel PeLias BeRus, nell’EcHIs cARINATA e nel CerASTES coRNUTUS (1), la dispo- sizione dei muscoli temporali e del pterigoideo esterno è identicamente la stessa, come nella Vipera REDIL
Se si asporta la glandola del veleno, con tutto il muscolo temporale anteriore, si viene a scoprire il muscolo temporale medio, e con esso due muscoletti, i quali stanno in relazione con un aponeurosi, che, per i suoi rapporti, chiamo aponeurosi boccale. Di queste parti non trovo fatta menzione alcuna negli autori, che ho potuto riscon- trare.
L’aponeurosi boccale attaccasi, in basso, sulla maggior parte della lunghezza della mandibola; stendendosi in sopra, divide i muscoli temporali dal pterigoideo esterno, e il suo margine superiore si confonde col connettivo della fossà temporale. In dietro, raggiunge il margine anteriore del muscolo temporale posteriore, e, sdoppiandosi, ri- veste questo muscolo di sottile guaina aponeurotica. Da questo punto, si dirige in avanti, comprendendo in un suo sdoppiamento un muscolo che dico post-ordito-man- dibolare; passa dietro il muscolo temporale profondo; indi si riflette su questo mu- scolo e sul muscolo compressore della glandola, e, formando il solido sostrato di quella plica di mucosa, che scorgesi in avanti ed in dentro della commessura delle labbra (fig. 1. Y°), viene a fissarsi col suo margine anteriore ad un altro muscolo, cui ho dato il nome di circonflesso labiale, si sdoppia, per inguainarlo, e,giunta a questo punto, si confonde con la fascia sottocutanea.
Dei due muscoli anzidetti, il meno profondo è il circonflesso labiale. Esso s' inse- risce in sopra all'osso parietale, tra il temporale anteriore ed il medio, ricoperto in massima parte dal primo; scende dapprima quasi verticalmente al davanti ed all’ e- sterno del muscolo temporale medio; giunto a livello del labbro superiore, comincia ad inflettersi in avanti, nella plica della mucosa, che vedesi all’interno della commes- sura delle labbra, ponendosi all’ esterno dei muscoli che passano in questa plica (com- pressore della glandola e temporale medio); finalmente raggiunge il labbro inferiore, e ne segue il contorno, assottigliandosi sempre più, perchè le sue fibre, durante que-
(1) Debbo alla somma gentilezza del prof. Panceri di aver potuto sezionare esemplari freschi di questa specie e della Naja Haje.
8 C. EMERY,
sto lungo cammino, vanno man mano sperdendosi all’aponeurosi boccale, sicchè poche raggiungono l'estremità anteriore del labbro (fig. 2. f.).
Più Profonaameate si scorge il muscolo post-orbito-mandibolare, il quale, supe- riormente, s'inserisce all’ osso parietale, ricoperto dal temporale anteriore e ricoprendo in parte il post-ordito-palatino di Dugès. È diretto da prima parallelamente al post-or- bito-palatino, ma, giunto al terzo del suo cammino, incomincia ad inflettersi in basso passando al disotto del circonflesso labiale e del temporale profondo. Dopo aver in- crociata la direzione di questi muscoli, assottigliandosi gradamente e dirigendosi verso la insersione mandibolare del muscolo temporale posteriore, si perde nell’ aponeurosi boccale (fig. 2. 9).
In alcuni colubri, che ho esaminati, non ho potuto rinvenire alcun accenno dei muscoli dell’aponeurosi boccale; nel PeLiAas BeRus, nell’EcHIs cARINATA e nel Ce- RASTES CORNUTUS, sono disposti come nella Vipera Rep. Nel NAJA HAJE manca il muscolo circonflesso labiale, mentre è assai sviluppato il post-ordito mandibolare.
La funzione di questi muscoli mi sembra tuttavia alquanto oscura. Sembra che la loro contrazione debba trarre innanzi l’aponeurosi boccale, e così potrebbero pren- der parte al meccanismo della deglutizione, facendo avanzare la mucosa boccale sul bolo, tenuto fermo dai denti palatini e mandibolari. Questo però come semplice ipo- tesi, che ulteriori ricerche potranno confermare o confutare.
III. DEI NERVI DELLA GLANDOLA DEL VELENO.
Mentre le indagini della fisiologia sperimentale hanno dimostrato, già da gran tempo, la influenza. di taluni nervi sulle glandole cui si distribuiscono (1), l anatomia microscopica, che da alcuni anni si affatica a ricercare dovunque le terminazioni ner- vose, ha dimostrato recentemente, in alcune glandole, le terminazioni delle fibre ner- vose negli epitelii glandolari. Però i risultati delle ricerche di Pflueger sulle glan- dole salivari e sul pancreas dei mammiferi, non sono stati finora confermati; altri studii più recenti sono stati intrapresi su questo argomento, tra i quali mi piace citare quelli del mio maestro professor Paladino, il quale ha dimostrato la continuazione diretta delle fibre nervose (provenienti da cordoni nervosi) con le cellule epiteliali, nella glandola sottomascellare del cavallo.
I nervi della glandola del veleno dei serpenti sembrano essere sfuggiti sinora alle ricerche degli anatomici. A. B. Meyer (Troschel Archiv f. Naturg, 1869) dice aver riconosciuto fibre nervose a doppio contorno, nelle glandole velenose del Pelias derus;
(1) La glandola mammaria non ha finora nervi crezione del latte. Del resto, mi sembra assai dif- secretori conosciuti, e le ricerche di Eckhard han- ficile intendere una influenza diretta dei nervi sulle no dimostrato che i nervi del plesso ipogastrico, i secrezioni di carattere degenerativo, come quella
quali vi si dirigono, sono senza influenza sulla se- del latte e del sevo cutaneo.
STUDII ANATOMICI SULLA VIPERA REDII. 9
però egli dà ad intendere, quantunque in modo poco chiaro, che la origine di questi nervi non gli sia nota. Intanto, questi nervi sono assai facili a scoprire, e la prima volta che, nell’intento di ricercarli, mi feci a distaccare cantamente la glandola dal fondo della fossa temporale, potei scorgere quel ramo del nervo mascellare, il quale si dirige alla glandola del veleno, penetrando nella sua capsula tendinea. Mancandomi alcune opere importanti, che avrei voluto consultare, per accertarmi della novità della mia scoperta, mi diressi all’illustre professor Troschel, il quale, da tanti anni, redige, nel suo Archivio, la rivista delle pubblicazioni erpetologiche; egli, rispon- dendomi, mi assicurò che questo fatto non gli era noto ancora, invitandomi a pubbli- carlo.
Il nervo mascellare o 2.* branca del quinto pajo, fuoriesce dal cranio pel forame temporale anteriore e, subito dopo la sua uscita, manda rami cutanei ed altri diretti in avanti, che passano dietro la glandola lagrimale, cui alcuni di essi sono destinati; indi il tronco del nervo scende obliquamente in avanti e, dopo breve tratto, manda un vistoso ramo, il quale si dirige verso la glandola del veleno, mentre il resto dei fasci nervosi continua il suo cammino verso l’osso mascellare, passando lungo il mar- gine inferiore della glandola lacrimale e rasentando il contorno inferiore dell'orbita.
Il nervo che abbiamo visto dirigersi alla glandola del veleno, dopo breve tratto, sl divide in due rami, i quali unitamente passano tra i due muscoli dell’aponeurosi boccale; poi il ramo anteriore si suddivide in due, il posteriore in tre, e questi rami secondarii isolatamente penetrano nella capsula aponeurotica della glandola, e, nella spessezza di questa capsula, variamente si ramificano e si anastomizzano fra loro; gran parte delle fibre fuoriescono nuovamente al margine inferiore della glandola per distri- buirsi al labbro superiore; altre formano un fascetto che accompagna il dotto escre- tore in tutta la sua lunghezza; infine molti fascetti sottilissimi si ramificano nella spes- sezza dei sepimenti interlobulari della glandola, al cui parenchima sembrano destinati. Quantunque non avessi ricercato le terminazioni di queste fibre nervose, pure credo poterle considerare come veri nervi secretori.
Nel PrLias BerUS e nel CERASTES corNUTUS i nervi della glandola hanno la stessa origine e il medesimo decorso: analogamente nella NAJA HAJE; però in questo ser- pente, essendo assai diverso l'ordinamento dei muscoli, i rapporti anatomici sono note- volmente modificati; il ramo anteriore del nervo della glandola segue il decorso del dotto escretore, scorrendo nella spessezza della fortissima guaìna tendinea ed inviando ramificazioni alle glandolette annesse al dotto escretore ed alle glandole salivari vicine.
IV. STRUTTURA DELLA GLANDOLA DEL VELENO.
In questo argomento troviamo negli autori le massime divergenze; però le diverse opinioni in proposito si possono facilmente conciliare, qualora si tenga conto dell’a- spetto diverso che presentano i lobi della glandola, quando con differenti ingrandi- menti si esaminano preparati in vario modo ottenuti.
2
10 C. EMERY,
Fontana, che primo studiò con esattezza gli organi produttori del veleno della vi- pera, considera la glandola come un sacco o serbatojo del veleno.
J. Miiller (De glandularum secernentium structura penîtiori, p. 57) divide le glandole velenose dei serpenti in tre tipi:
« Glandulae serpentium venenatae constant: 1.° aut ex folliculis sarmentosis, n in folia conjuctis, quae folia truncis ductui communi excretorio affiguntur, uti in » T'rigonocephalo;
» 2.° aut tubulis, pariete interno celluloso instructis, e ductu communi inferiori »recte fere et parallele versus superficiem ascendentibus, ubi neque ramosi, neque » attenuati, coecis finibus desinunt (1);
n 3.° aut ex lobulis, a parte anteriori glandulae exeuntibus, posterius loculis pro- » priis divisis; qui in minores denique fasciculos discedunt. »
L’autore consacra solo poche parole a descrivere la struttura della glandola della vipera, tipo della sua terza categoria, la quale, per la sua piccolezza, presenta grandi difficoltà di studio. Intanto, leggendo il testo di Miiller ed esaminando le sue figure, si andrà di leggieri convinto che le sue ricerche, su questo argomento, sono state fatte con debolissimi ingrandimenti.
L. Soubeiran (Recherches sur la structure de lappareil à venin de la vipère. Comptes Rendus Acad. Sc. 1858. Tom. 47, p. 415-416, Extrait), si addentra di più nell'analisi della struttura della glandola di cui ci occupiamo:
(ORSINI i: . + + + + + La glande à venin doit incontestablement étre »rangée parmi 1 glandes en grappes dites composées; on voit très-distinctement » les divers acîni disposés, avec beaucoup de régularité, le long des canaux excré- » teurs, come les barbes d'une plume des deux còtés de la tige, ou mieux encore, » comme les folioles d’une feuille pennée; cette dernière comparaison me semble d’au- »tant mieux étre l’expression de ce qui existe, que, de méme qu'il y a des feuilles » dans lesquelles la disposition pennée se montre, non seulement pour les pétioles se- » condaires, mais aussi pour les pétioles tertiaires, de méme chaque agglomération d’a- » cini, le long du canal excréteur, contribue è former un ensemble de divisions plus » complexes et disposées avec la mème symmétrie sur un canal excréteur commun, » où viennent déboucher tous les canaux primitifs. »
Non saprei descrivere più fedelmente la disposizione dei lobi della glandola, quando la si osserva in totalità con debole ingrandimento (fig. 4).
R. Owen (On the anatomy of Vertebrates, p. 563) descrive altrimenti la struttura della glandola del veleno dei serpenti in generale:
Gli the gland i is seen composed of a series of elongated » narrow 1obos Sabnane from the main duct at the lower border of the gland upward
(1) Naja haje.
STUDII ANATOMICI SULLA VIPERA REDII. 11
» and backward. Each lobe gives off a series of lobules, which are again subdivided » into smaller caeca. » (1)
Questa struttura si riconosce nella vipera, quando, con forte ingrandimento, si esa- mina al microscopio un lobulo isolato della glandola del veleno (fig. 5).
Recentemente il dottor A. B. Meyer (Uebder den Giftapparat der Schlangen etc. în Troschel, Archiv. f. Naturgeschichte, 1869, p. 225 e seg.) ha cercato di sostituire alle opinioni ammesse dagli altri osservatori un modo di vedere suo proprio, che credo falso, almeno se si voglia prendere nell’estensione attribuitagli dall’ autore:
6. + + + + ++ + + + Die Giftdriisen der Schlangen sind wie mir scheint n alle nach demselben Principe gestaltet, das im Wesentlichen, einzelne Modificatio- » nen abgerechnet, im Folgenden bestehen diirfte: das Organ ist durch Bindgewebs- » ziige in rohrenfirmige Abschnitte gestheilt, von gròsserem oder geringerem Kali- » ber deren Lumen durch Vorspriinge der Wandungen ins Innere wieder in einzelne n Fticher senkrecht zur Axe der Rohre abgegrenzt ist; in diesen Ftichern liegt die » Driisensubstanz, jedoch so dass sie innerhalb einer Rohre ein continuirliches Ganzes aabildetio gico (42:00?
GU 0 le e, « + + In der Annahme eines anderen differenten Baues » anderer Giftdriisen kann man dadurch veranlasst werden, das die Langsaxen der die » Driise durchsetzenden Ròhren nicht immer parallel der Langsaxe der Driise selbst » laufen, sondern in einem spitzen oder stumpfen Winkel oder sogar senkrecht zu » ihr; und ferner dadurch dass, bei einigen Driisen, ausser dieser Abtheilung noch » eine in gròssere Lappen besteht, die sich mehr oder weniger von einander son- » dern lassen. »
Rileggendo attentamente il lavoro di Meyer, si rileva che l’autore sembra non conoscere altro mezzo per istudiare la struttura di una glandola, che quello di farne tagli longitudinali e trasversali, metodo eccellente, ma non sempre sufficiente, da sè solo, per dare risultato completo; inoltre, a voler giudicare dalle figure assai imper- fette, è da credersi che quei tagli avessero una non irrilevante spessezza, e fossero perciò affatto improprii ad ogni esatta ricerca. Che dire poi della figura 7, tav. 13, che deve rappresentare l’ epitelio della glandola velenosa del PeLIAS BERUS? Egli è impossibile riconoscervi nulla che ricordi il regolare epitelio cilindrico, così evidente nei miei preparati.
Esposte ora le opinioni diverse degli autori, vengo a riferire i risultati delle mie
ricerche. I Se, con debole ingrandimento, si esamina al microscopio un sottile taglio della
glandola della vipera, si vede che la capsula fibrosa, oltrechè avvolgere interamente
(1) Questa descrizione non si applica a tutti i serpenti, come lo dimostrerò in altro lavoro, descrivendo la struttura della glandola del Naja Rage.
12 C. EMERY,
l'organo, manda nel suo interno alcuni robusti sepimenti, i quali lo dividono in lobi più o meno grandi e numerosi, secondo l’ individuo e secondo il punto su cui è caduto . il taglio. Altri sepimenti d’ ordine secondario, scorrenti a mo’ di labirinto e varia- mente ramificati ed anastomizzati, suddividono il parenchima glandolare e definiscono i contorni di forami irregolari di varia grandezza, rivestiti all’ interno di uno strato epiteliale (fig. 6). Se il taglio è alquanto spesso, si vedranno le sinuosità del contorno di detti forami chiuse dalle parti dietrostanti, e così si potrà avere una immagine analoga alla figura 6.8 di Meyer. Però, l’ esame del solo taglio trasversale non basta a dare un concetto dello schema glandolare, e potrebbe anzi darne un concetto falso, nè si va oltre con i tagli longitudinali.
Bisogna ricorrere ai pezzi macerati negli acidi, con i quali si ottengono risultati assai migliori, e tali da non lasciar sussistere verun dubbio; però, questi preparati, per ciò che riguarda la divisione ultima dei tubi glandolari, non si ottengono senza dif- ficoltà.
La glandola, privata della sua capsula fibrosa e dei suoi sepimenti, ci fa vedere, secondo l’ espressione di Soubeiran, tanti lobi suddivisi in lobuli a foggia di foglia più volte pennata; questi lobi vengono ad inserirsi sul dotto escretore comune, e i lobi superiori sono assai più grandi degl’ inferiori. Verso l’ estremità anteriore della glan- dola, cioè verso il dotto escretore, i lobi si rendono più piccoli, ed alcuni di essi, in- vece di dirigersi in sopra ed in dietro, si volgono obliquamente in avanti; il dotto escretore è disuguale, e riceve lo sbocco di piccole cripte; poco oltre la metà del suo cammino, si dilata un poco e riceve lo sbocco di numerosi tubi semplici, i quali for- mano un rigonfiamento ovoideo intorno al dotto escretore medesimo. Questo rigonfia- mento è stato a torto considerato dal maggior numero degli autori come un serbatoio del veleno. SOUBEIRAN, pel primo, ha riconosciuto la sua natura glandolare, e dà una descrizione molto esatta della sua struttura, designando però con la espressione impro- pria di follicoli semplici i tubi che la compongono.
Osservando con forte ingrandimento (100-150 diam.) un lobulo isolato della glan- dola si scorge che esso è composto di tubolini ciechi, non molto lunghi, la cui luce aperta si scorge attraverso le loro pareti; siffatti tubi hanno un diametro di 0.1032 a 0.22040 ed una lunghezza eguale a due a sei volte il loro diametro (fig. 5). Nei punti ove più tubolini vengono a confluire, si costituiscono cavità irregolari e sinuose, le quali, nel taglio, si mostrano come forami a contorni frastagliati; se nel taglio vien compreso il punto di riunione di aleuni grossi condotti escretori, si avranno aperture assai ampie come osservasi nella (fig. 6).
Per ottenere buoni preparati di questo genere si prestano specialmente bene indi- vidui giovanissimi; io mi sono servito di esemplari della Vipera edii lunghi 15 cm. e conservati in alcool; trattando la glandola per 10 minuti col miscuglio di acido ni- trico e clorato di potassa di Kiihne, ed isolando poi, con gli aghi, piccoli pezzetti del- l'organo, son riuscito ad ottenere preparati abbastanza nitidi. Negl’ individui adulti l'isolamento di singoli lobuli riesce più difficile e la struttura tubolare non si mostra così nitida, perchè i tubi sono più numerosi, più stivati, e sì mostrano, per lo più, alquanto dilatati verso la estremità chiusa, senza che però si possano chiamare follicoli.
STUDII ANATOMICI SULLA VIPERA REDII. 13
L’interno dei tubolini ghiandolari è rivestito di epitelio cilindrico; le cellule sono alquanto allungate con un grosso nucleo ravvicinato alla base dell’epitelio ed un nu- cleolo assai distinto. Nei tagli della glandola, specialmente se non sono molto sottili, si vede spesso la superficie dell’ epitelio, con le estremità delle cellule disposte a pavi- mento, ed attraverso il protoplasma trasparente, si scorgono i nuclei e i nucleoli. Que- sta disposizione ha forse indotto in errore il Meyer, il quale sembra aver preso per contorni di elementi pavimentosi appunto i contorni poligonali delle basi di cellule cilindriche, o meglio prismatiche (1).
La struttura delle glandole velenose del PeLIAS BERUS e del CERASTES cORNUTUS è perfettamente simile ‘a quella della Vipera RepI; egli è probabile che, nei generi CroTtaLus, BorHarops, LacHEsIS, ecc., la struttura di questi orgàni non sia molto differente. Invece nel NAJA HAJE, come descriverò in altro lavoro, la glandola del ve- leno ha una struttura assai diversa; altre differenze si troveranno probabilmente negli ELaPs, negl’ HypRoPHIs, e specialmente poi nei generi CAaussus e CALLOPHIS, la cui glandola assai allungata si estende per gran parte della lunghezza del corpo, sotto i muscoli dorsali, nel primo; nella cavità del corpo, nel secondo.
V. DELLA EMISSIONE DEL VELENO.
Non saprei ascrivermi alla opinione di coloro i quali considerano il rigonfiamento del dotto escretore al dissotto dell’ orbita, come un serbatoio della secrezione velenosa; come ho detto sopra, questo rigonfiamento è di natura glandolare e la sua cavità è assai ristretta, oltrechè è affatto sprovvisto di apparecchio muscolare capace di espri- merne il contenuto. Il Soubeiran (loc. cit.) suppone che la secrezione del veleno abbia luogo ad intervalli, cioè solo quando l’animale è irritato. Questo modo di vedere non mi sembra neanche giusto, perocchè è conosciuto che i serpenti velenosi sono mag- giormente da temersi, quando sono stati lungamente senza mordere, la qual cosa non potrebbe spiegarsi a questo modo. Considerando il grande spazio rappresentato dal- l'ampio lume dei tubolini secretori e dai loro confluenti, si riconosce facilmente che gran copia di liquido possa accumularsi nelle cavità della glandola e venirne espulsa mediante la contrazione del muscolo compressore. Ritenendo dunque la giusta espres- sione del Fontana, vengo a considerare la glandola stessa come il sacco 0 serbatoio del veleno.
(1) A conferma e complemento di ciò, vedi il re- cente lavoro di Leydig: Ueber di Kopfdriisen der Schlangen (Arch. f. milrosk anat. Aprile, 1873), il quale, da poco tempo, è venuto a mia conoscenza, dopo che ebbi spedito alla Società di scienze na- turali il manoscritto di questa Memoria. I risultati dell’ illustre professore di Tubinga vengono in ap- poggio delle mie vedute.
Le mie conclusioni, oltre ad essere esposte nella mia tesi di laurea (febbraio 1872), sono state co- municate all’ Associazione dei Naturalisti e Medici di Napoli, nel novembre ultimo, in breve sunto, che, per disgrazia, è stato pubblicato nel Bullet- tino, solo ultimamente, nell’8.° fascicolo, assai ri- tardato, dell’ anno 1872.
7 agosto 1873.
14 C. EMERY, STUDII ANATOMICI SULLA VIPERA REDII.
L'azione del muscolo compressore della glandola è assai facile ad intendersi; però vorrei qui fare una osservazione che non ritrovo negli autori. Quando l'articolazione della mandibola è portata in dietro, il ligamento di Duvernoy è stirato, ed il muscolo compressore trova nel margine posteriore teso della capsula fibrosa della glandola, un ostacolo alla sua azione; ma, quando l'articolazione della mandibola è portata in avanti, procurando così la erezione del dente forato, il ligamento di Duvernoy si ral- lenta ed il muscolo compressore, contraendosi, preme obliquamente l’angolo infe- riore e il margine posteriore della glandola contro la parte anteriore e superiore della medesima, spingendo con gran forza il veleno nel dotto escretore. Una valida com- pressione della glandola del veleno, con espulsione del suo contenuto, non è dunque. possibile che quando il dente forato è eretto, cioè quando l’animale è in atto di of-
fendere.
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Emery- Studii sulla Vipera Redii
Mem. d. Soc. ital. di Se. nat Vol MI N°1.
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Spiegazione delle figure.
Fig. 1. — Capo della Vipera Redii, con la cute in parte tolta, per far vedere i rapporti della glan- dola del veleno con i muscoli e i legamenti.
Fig. 2. — In questa figura si è tolta via metà della glandola lacrimale e di quella del veleno, con tutto il muscolo compressore. Il fascio libero del muscolo temporale anteriore è diviso trasversalmente e rovesciato, per scoprire i muscoli profondi.
Fig. 8. — Sono tolti via, in parte, i muscoli compressore, temporale anteriore e medio, circonflesso labiale e post-orbito mandibolare; la glandola è rovesciata in fuori, per dimostrare i nervi che penetrano nella sua capsula. i
In queste tre figure i diversi organi sono segnati con lettere come qui appresso:
A Glandola del veleno.
B ” lagrimale.
C Nervo mascellare o 2% branca del quinto.
D » mandibolare o 8® » ”
E » che va alla glandola del veleno.
F Plica della mucosa boccale in cui passano i muscoli compressore della glandola, temporale medio e circonflesso labiale.
ax Legamento che unisce la glandola all’osso mascellare.
B ” ” ” ” frontale posteriore.
Y ” ” o» » mastoideo.
i) » articolo mascellare di Duvernoy; una porzione di esso si attacca alla glandola del
veleno, un’altra alla commessura delle labbra.
a Muscolo compressore della glandola.
b » temporale anteriore. Porzione cranica.
c ” temporale medio o profondo.
d ” ” posteriore.
e ” pterigoîdeo esterno.
e » » tendine che si attacca alla glandola del veleno. sà ” circonflesso labiale.
9 ” post-orbito mandibolare.
h ” FERO palatino di Dugés.
Fig. 4. — Glandola della vipera spogliata della sua capsula fibrosa. Ingrand. 5 Diam. a Piccoli lobi diretti in avanti. 6 Rigonfiamento del dotto escretore formato di tubi glandolari semplici. Fig. 5. — Lobulo isolato della glandola velenosa di un giovane individuo della Vipera Redii. In- grand. 100 Diam. Fig. 6. — Sezione trasversa della glandola del veleno; a sinistra non è disegnato l’ epitelio. Ingrand. 20 Diam. Fig. 7. — Porzione di un simile preparato maggiormente ingrandita. 300 Diam. a Tessuto fibroso denso di un setto principale. b Epitelio cilindrico. c Epitelio cilindrico tagliato obliquamente, da illudere per epitelio pavimentoso.
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MEMORIE
DELLA.
SOCIETA ITALIANA DI SCIENZE NATURALI Tono HI, N. 2.
THELOPSIS, BELONIA, WEITENWEBERA ET LIMBORIA QUATUOR LICHENUM ANGIOCARPRORUM GENERA RECOGNITA ICONIBUSQUE ILLUSTRATA
A
SANCTO GAROVAGLIO M. D.
PENITIORES PARTES MICROSCOPIO INVESTIGAVIT ICONESQUE CONFECIT
JOSEPIMUS GIBELLI M. D.
NATURALIS HISTORIAE IN LYCEO TICINENSI PROFESSOR.
MEDIOLANI
MDCCCLEXVII. x
TYPIS JOSEPHI BERNARDONI 3
n x
PRESIDENZA PEL 1867
Presidente, Dott. EmiLio CORNALIA, Direttore del Museo Civico di Milano, ece., via del Monte Napoleone, 36. i | | Vice-Presidente, AntoNIO VILLA, via della Sala, 3. Dottor GrovansI OmgoNI, Professore di Storia Naturale, via del Cir- co, 12.
Segretarj i gta ; te È Abate AxTtonIo StoPPANI, Prof. di Geologia nel R. Istituto Tecnico superiore in Milano, via di S. Maria alla Porta, 10. . i FELICE FRANCESCHINI, via Broletto, 16. Vice-Segretarj i
CamiLLo MariNONI, dottore in Scienze naturali, via S. Agnese, 5.
and
Cassiere, GIUSEPPE GARGANTINI PIATTI, via del Senato, 14. <
MEMORIE
DELLA
SOCIETA ITALIANA DI SCIENZE NATURALI Tomo II, N. 2.
THELOPSIS, BELONIA, WEITENWEBERA ET LIMBORA
QUATUOR LICHENUM ANGIOCARPEORUM GENERA RECOGNITA ICONIBUSQUE ILLUSTRATA
SANCTO GAROVAGLIO M. D.
IN R. ARCHIGYMNASIO TICINENSI P., P. 0.
PENITIORES PARTES MICROSCOPIO INVESTIGAVIT ICONESQUE CONFECIT
JOSEPIUS GIBE ca M. D.
NATURALIS HISTORIAE IN LYCZO TICINENSI PROFESSOR.
SLI IE
MEDIOLANI TYPIS JOSEPHI BERNARDONI
MDCCCLXVII.
THELOPSIS nyYLAND.
CHARACTER GENER. — Apothecium sphaericum, protrusum, vel superficiale, rufi- «dulum, unico instructum excipulo proprio (tunica), carnoso, e rufo pedetentim fu- scescente; nucleus solitarius ex amphitecio distincto, hyalino oriundus; parapAyses simplices, liberae, perdurantes; ascî clavato-cylindrici, polyspori; sporae ellipticae, -quadriloculares, pusillae.
Thallus hypophloeodes, cum epidermide confusus, indeque spurie crustaceo-mem- branaceus. Hypothallus indistinctus. Habitus Verrucariae.
SPECIES UNICA.
‘THELOPSIS rubella, NvLanp. Lichen. Paris. n. 98. Ej. Classif. 2. pag. 194. Ej. Prodr. Lichen. Gall. et Alger. pag. 196. E}. Exposit. synopt. Pyrenocarp., pag. 65. — SEGESTRELLA n. sp. ZwAcKH. exs. n. 50, în herd. Garov. — SYCHNO- GONIA Bayrofferi Kors. Syst. pag. 325. — HEPP. Flecht. Europ. n. 707. Ra- BenH. Lichen. Europ. n. 578. ZwacKn. Enum. Lich. Flor. heidelberg., pag. 52.
CunaracT. spec. — Thallo hypophloeode, effuso, indeterminato, spurie, membra- ‘naceo, inaequali, jam verruculoso-rugoso, subcontinuo, jam rimoso, inque squamulas vel lepram soluto, cinereo-glauco vel plumbeo, subnitidulo; apothectis infra mediam magnitudinem, primo innatis, evolutione protrusis, tandem superficialibus, sphaeri- cis, fusco-nigris vel rufidulis, ostiolo papillato; excipulo proprio simplici, carnoso, in- colore vel pallide rufo, superne crassiore, magisque colorato, impervio; amphithecio distincto, excipulo aeque lato, hyalino; nucleo sphaerico, gelatinoso, cum filamentis ostio- laribus exquisite evolutis, inque bipartitum velum coalitis; paraphysidus liberis, elon-
4 S. GAROVAGLIO, gatis, simplicibus, persistentibus; ascîs clavato-cylindricis, elongatis, vix inflatis, te- nuibus, polysporis; sporîs confuso agmine intra ascos congregatis, subellipticis, qua- drilocularibus, ocellulatis, perpusillis, h. e. 0,”"0114 ad 0,%"0128 longis, 0,""0042 ad 0,""0056 latis, dilute coloratis.
Teon,. Tab. nostrail, fi. Eee
DescrIPTIo — Thallus hypophloeodes, effusus, indeterminatus, spurie membrana- ceo-cartilagineus, pro varia corticis, quo tegitur, constitutione et crassitie aspectu sum- mopere varius. Occurrit enim in superficie laevis, continuus, aequalis, vel rugoso-ver- ruculosus vel in squamulas aut lepram solutus, vel plane obsoletus. Color ei est ut plurimum glauco-cinereus, vel plumbeus, sat saepe nitidulus, interdum vero, praeser- tim in cortice scrupeo et vetusto, sordidus, muscorumque surculis aliisque quisquiliis. inquinatus. Hypothallus indistinctus.
Apothecia (A) parvula, mox e thalli verrucis protuberantia, tandem superficialia et sessilia, caeterum rara vel crebra, dissita vel conferta. Exterius in statu sicco ple-- rumque magis minusve ad nigrum colorem accedunt, madefacta vero rufa vel car- nea evadunt, et nonnihil pellucida. Interius cinerea sunt, apiceque in papillulam persistentem, imperviam vix non semper producta. Senio nucleum amittunt, et facile elabuntur.
Excipulum (Aa) proprium (s. tunica) simplex, carnosum, pallide luteum vel inco- lor, superne valde incrassatum, laetiusque coloratum, imo per aetatem fuscescens.
Nucleus (Ac) sphaericus, gelatinosus, cinereus, amphithecio (Ad) instructus hya-. lino, distincto, de cujus superiore et interna parte pendent fila ostiolaria (D) in speciem tenuissimi veli (s. plagulae) deorsum bipartiti; parapAyses copiosae, simplices, s. ca- pillares, elongatae, flexuosae, liberae, persistentes.
Ascî (B) tenues, elongato-clavati, vel subcylindrici (fusiformes nescio quomodo. possint nuncupari), brevi et obliquo pedunculo suffulti, sporas foventes centum et ultra.
Sporae (C) confuso agmine intra ascos dense congregatae, ellipsoideae, primum hyalinae, pedetentim obscuriores, adultae quadriloculares, singulis loculis plerumque. ocellulo instructis, caeterum perpusillae, s. 0,""0114 ad 0,°0128 longae, 0,"°0042 ad 0,""0056 latae. I
Habit. Ad fagos in Gallia legit cl. Nylander: in Germania ad arbores varias: cl. ZwAcKH. Est inter rariores.
THELOPSIS, BELONIA, WEITENWEBERA, ECC. 5
BELONIA K6RB. Parerg.
CHARACTER GENER. — Apothecium solitarium, verrucaeforme, e thalli tuberculo formatum, primo clausum, deinceps ostiolo punctiformi pertusum, omni excipulo pro- prio, h. e. epithecio carbonaceo, ac tunica, destitutum; Aypothecium s. stratum subhy- meniale nuclei (amphithecium K6B.) molle, carnosulum, in speciem membranulae in- coloris, tenuissimae concrescens; paraphyses filiformes, copiosae; ascî subcylindrici, ‘octospori; sporae aciculares, gracillimae, pluriloculares, loculis una serie superpo- sitis. Thallus tartareus, effusus, areolato-diffractus. Hypothallus tenuissimus, ater.
Habitus omnino Mosigiae gibbosae.
SPECIES UNICA.
BELONIA russula Kors. Lichen. sel. German. n. 79. Ej. Parerg. p. 322. — NyLAND. Prodr. Lichenogr. Galliae et Algeriae, pag. 100.
CHaract. spec. — Thallo effuso, indeterminato, tartareo, areolato-verrucoso, verrucis solitariis, sparsis, lateritiis, vel cervinis, opacis, tandem dealbatis; apothe- ciis parvulis, globosis, e thalli verrucis formatis, pallidis, omni excipulo proprio de- stitutis, ostiolo umbilicato-depresso tandem pertusis; amphithecio in speciem tunicae subtilissimae exterius concrescente; paraphysidbus crebris, filiformibus, conglutinatis ; ascis cylindrico-clavatis, octosporis; sporzs acicularibus, angustis, procerissimis, 0,"”0684 ad'oeolD2 longis, 0,""0028 ad 0,"0042 latis, 12-20 locularibus, loculis rectan- gulari-tetragonis, una serie ad lineam superpositis.
Icon. Tab. nostra I, f. 2. — Exs. K6rB. LicA. sel. Germ. n. 79.
DescrIPTIO. — Hypothallo nigro, parum distineto areolae insident minutae, ver- rucosae, convexae, turgidulae, tartareo-subcartilagineae, modo rarae et dissitae, modo satis frequentes et magis confertae, coloris in statu vegeto ravi, pallide cervini, vel badi (lateritio-rufi KòrB.), senio vero facile decoloratae et albicantes. Verruca- rum quae nucleum gerunt, reliquis magis tument, et diu persistunt integrae, sunt ta- men et plures saepe abortivae, vel jam primitus steriles, quae cito fatiscunt et dissol- vuntur. Interior substantia in omnibus albissima.
Apothecia (A) minuta, subglobosa, e thalli tuberculis formata, in singula verru- «ca solitaria, pallide colorata, absque omni excipulo proprio, ostiolo umbilicato, de- presso, a prosiliente thalli substantia, qua arcte cingitur, coronato, tandem fuscidulo, « irregulariter hiante » (K6RB).
Nucleus(Ac)sphaericus, subgelatinosus, hyalinus, amphitecio instructus molli (Ab),
*
6 S. GAROVAGLIO,
‘carnosulo, quod in speciem membranulae subtilissimae, incoloris, vel pallide coloratae: (pseudotunica) ab exteriori sua parte concrescit. Paraplyses copiosae, simplices, capil- lares, elongatae, flexuosae, magis minusve coalitae, persistentes. Fila ostiolaria. (Epithecium NyLAND.) prorsus indistincta.
Ascî (B) tenues, elongato-clavati, vel subcylindrici, ad basim in brevem pedun- culum attenuati, semper octospori, lente evanidi.
Sporae (C) in duplicem triplamve seriem spiraliter intra ascos dispositae , sub- aciculares, gracillimae, a summo leviter incurvae, hyalinae, perpulchrae, 12-20 loculares, loculis, praeter extimos duos, rectangulari-tetragonis, una serie ad lineam superpositis. Earum longitudo 0,""0684 ad 0,""0712, latitudo 0,”"0028 ad 0,""0042.
Habit. — Ad rupes basalticas Sudetorum detexit et legit cl. KorpeRr. Vix alibi reperta.
f ADNOTATIO I.
Ratio nominis a f:)0v1 acus propter formam sporarum.
ADNOTATIO II.
Genus optimum, simplicissima apothecii structura a caeteris angiocarpeis omnino distinetum.
®
WEITENWEBERA xoRB. Parerg.
Craract. GEN. Lichen monoicus. Apothecium verrucaeforme, primo clausun ,. deinceps poro minutissimo pertusum, excipulo simplici instructum; ezcipulum (s. tu- nica) ceraceo-membranaceum, crassum, molle, nucleum solitarium obvolvens, primitus. pallide coloratum, de superne, ubi crassius est, pedetentim e badio nigricans, nunquam vero atrum et carbonaceum; Aypothecium s. stratum subhymeniale (amphithecium KérB.) hyalinum, ab excipulo, cui undique adhaeret, satis distinctum; paraphyses co- piosae; sporae pluriloculares, loculis tandem eleganter tessellatim connexis.
Thallus effusus, tartareus, uniformis. Syn. — Verrucariae sp. auct. pl. - Microglaena Lonn.
SPECIES UNICA.
WEITENWEBERA muscorum Ké6g8. Parerg., pag. 328. — VERRUCARIA mu- scicola NyLAnD. Crypt. scand. nov. pag. 7. f. 6. Ej. Exposit. synopt. Pyreno- carp. pag. 40. — MICROGLAENA muscicola Linn. in. Flor. 1858, pag. 633 cum fusa descriptione. — MICROGL. muscorum TH. FriEs. Lichen. arct. p. 362. Ej. Exs. n. 23 (non vidi). — VERRUC. muscorum E. Fries Lichen. Eur. reform. pag 432, excl. db. ScHaER. Enumer. pag. 221. (fide TH. FriesI et KORBERI).
THELOPSIS, BELONIA, WEITENWEBERA, ECC. 7
CHaracT. spec. — Thallo effuso, inaequali, tenui, albido vel cinereo, subopaco; apo- thectis minutis, adnato-sessilibus, subsphaericis, in apice conico-papillatis, raro per- tusis; excipulo (s. tunica) simplici, nucleum solitarium involvente, primitus pallido, mox de superne intense colorato, h. e. rufo; Aypothecio hyalino, manifesto; paraphy- sibus copiosis, elongatis, flexuosis, gelatina hymenia ab initio laxe connexis; ascis elongato-cylindricis, vix inflatis, 4 sporis; sporis oblongo-ellipsoideis, vel obtuse fusi- formibus, majusculis, s. 0,"°0556 ad 0,""0584 longis, 0,""0171 ad 0,""0185 latis, po- stremo plurilocularibus, loculis subquadratis, aequalibus, 60 et ultra, eleganter tessel- larum modo conjunctis.
Icon. Tab. nostra I, f. 3. — Exs. ArnoLp. Jura. 202.
DescrIPTIO. — TRallus (A) supra muscos, vel sabulosam terram late expanditur sat tenuis, subaequus, jam laevis et fere membranaceus, jam ruguloso -verrucosus, passim evanidus. Color, qui albidus, cinereus, vel pallide viridis ut plurimum est, modo laetior apparet et satis purus, modo opacus et luridus. Hypotha/lus indistinetus.
Apothecia (A) parva vel mediocria, dissita vel conferta, adnato-sessilia vel pror- sus superficialia, subsphaerica (conoideo-hemisphaerica ?), ostiolo in collum producto, exterius fusca et fere atra, impolita, intus cinerea, in apice persistenter conico-papil- lata, interdum poro minutissimo pertusa.
Excipulum proprium s. tunica (Aa) molle, ceraceum, primitus hyalinum vel
pallide luteolum, pedetentim vero ex apice crassiore basim versus obscurius fit, et ba-
dium induit colorem. Atrum vel carbonaceum nunquam vero est.
Nucleus (Ac) amplus, sphaeticus, sat saepe in collum vel papillam productus, gelatinosus, hyalinus, vel cinereus. Yypothecium (Ad), s. stratum subhymeniale, ab excipulo prorsus distinetum, eoque pallidius. Paraphyses copiosae, capillares, flexuo- sae, elongatae, gelatina hymenia laxe conglutinatae, persistentes. Fila ostiolaria ob- soleta.
Asci (B) rariusculi, elongato-elliptici, vel elongato-cylindracei, in apice obtusiu- sculi, circa basim attenuati, evidenter marginati, tenues, quatuor sporas foventes, lente evanidi.
Sporae (C) in unam spiralem seriem aletris alterae impositae, oblongo-ellipsoi- deae vel obtuse fusiformes, e hyalino lutescentes, grandiusculae, s. 0,""0556 ad 0,""0584 longae, 0,""0171 ad 0,°"0185 latae, ab initio 4-12 septatae, loculis rectangulari-te- tragonis, transversim impositis. Horum singuli posterius cum in plura loculamenta minora dividantur, speciem efficiunt sporae plurilocularis, elegantissime tessellatae.
Hasir. Ad terram et muscos per declivia alpium. In Bavaria a cl. Arnold lecta; prope Ava in Valsesia a Carestia. ( Commentario della Società crittogamol. V. 11 fasc. III. p. 418.)
3 S. GAROVAGLIO,
LIMBORIA massa.
CHARACTER GENER. — Apothecium innato-prominulum, diu thallo obvelatum, marginatumve, ab initio duplici instructum excipulo proprio; ezterius (pseudo-epithe- cium) (Aa) duriusculum, nigricans, interdum a centro stellato-radiatum, tamdiu distin- ctum quam diu apothecium existit clausum; énterzus (s. tunica) (Ad) ceraceo-mem- branaceum, molle, rima dehiscens sensim latius aperta, serius ociusve cum epithecio confusum et conferruminatum; nuc/eus (Ac) primo globosus, mox in apice dilatatus vel urceolato-depressus, ab areola thallode varie coarctatus; paraphyses simplices, vel sub- ramosae, persistentes; ascî (B) elongato-cylindrici, vel elliptico-clavati, subventricosi, octospori; sporae 4-6 loculares, diversiformes, tandem pluriloculares, loculis tessel- latim conjunctis. TRaZ/us crustaceus, varius. Hypothallus modo distinctus, coeruleo- niger, modo obsoletus. Habitus proprius. Verrucariae, vel Urceolariae species auct.
plur.
SPECIES T.
LIMBORIA actinostoma Massar. Ricerch. pag. 155. f. 301. E). Lichen. ital. exs. n. 80, 81. K6rB. Syst. pag. 377. Ej. Parerg. pag. 402. RazeNnnu. Lichen. Europ. n. 435. Anzi Catal. pag. 113. — THELOSTOMA radiatum Pers. în Acta Wet ter. 2. — Ej. URCEOLARIA actinostoma în litt. ad Achar. Scnaer. Enum. pag. 87. E}. Lichen. helv. exs. n. BIT. TuLasn. Mémoir. Lichenog. pag. 178. tab.1V, f. 14. NyLanp. Lichen. Paris. n. 46 (non vidi). E}. Prodr. Lichenogr. Galliae et Alger. pag. 96. — URCEOLARIA striata DuBr Botan. gall. II pag. 67. — PARMELIA striata FrIes. Lichen. Eur. reform. p. 192. GAROV. apud Zwacx. Exs. n. 113. — VERRUCARIA actinostoma Acnar. Lichenogr. univer. pag. 288. Ej. Synops. pag. 95. MontAGN. în Archiv. d. Botan. II pag. 308, tab. XV, f. 5. B.= Euganea Massar. Ricerch. p. 165. f. 302 (mala). £j. Lichen. ital. exs. INFn.9%
CHaracT. spec. TRallo tartareo, crassiusculo, hypothallo coeruleo, radiante cin- ceto, rimuloso, corticato, albido, cinereo, fuscove; apothectis mediocribus, sphaericis, thallo prorsus demersis, e centro papillato vel umbilicato, jam eleganter, jam obsolete stellato-radiatis, striis saepe albo-pulverulentis; epithecio primum distineto, dimidiato,
THELOPSIS, BELONIA, WEITENWEBERA, ECC. I 9
fuscidulo, ocius seriusve cum tunica, per rimam apice hiante, conferruminato; nucleo gelatinoso, hyalino, cinereo, sphaerico, mox superne dilatato vel urceolato-depresso , areola thallode varie coarctato; paraphysibus crebris, nodoso-articulatis, flexuosis, conglutinatis, superne incrassatis, et convergentibus; ascis elongato-cylindricis vel elliptico-clavatis et ventricosis, octosporis; sporis jam una serie, jam turbato ordine intra ascos superimpositis, ovatis vel ovoideis, 0,°"0171 ad 0,""0313 Iongis, 0,"°0114 ad 0,""0142 latis, primum diaphanis, 6-7 septatis, tandem fuscis et pluriloculari- bus, loculis 12-24 subquadratis, tessellatim conjunctis.
Icon. Tab. nostra II. — Exs. GARrov. In collect. Zwackhii n. 113.
DescripTIo. — Lichenis perpulchri tha//us tartareus est, sat crassus, in maculas plerumque expansus orbiculares, centrifagas, diametro semipollicares ad tripollicares, et ultra, hypothallo coeruleo radiante vix non semper limitatas. Macularum singulae quaquaversus in areolas dividuntur minutas, polygonias, inaequales, e centro ad pe- riphaeriam sensim decrescentes. Vulgo planiusculae sunt istae areolae, rarius tumidu- lae, aut rugoso-verrucosae: quae lichenis ambitum tenent, in speciminibus perfectis- simis plerumque sublobatae. Superficies ipsis est laevis, nitidula, polita, colore vero variant albido, glauco-cinereo vel rufidulo. Intus albissimae sunt. Mypothallus, ubi evidens, coeruleo-fuscus.
Apothecia (A) frequentissima, in singulis thalli areolis singula vel plura, ab ini- tio maculas offerunt orbiculares, areolis impressas, quae orificio insigniuntur puncti- formi, atro, linea tenuissima, albida, circuloque cinereo-pruinoso cincto. « Tllae ma- n culae mox ab ipsa thalli areola solvuntur rima orbiculari, apotheciorumque offerunt
$
orificium interdum ad ambitum (qui plerumque nonnihil circulariter prominet), a » centro striato s. stellato-radiatum, cinereo-pruinosum, a thalli areola saepe varie pres- » sum et coarctatum, hinc atro vel poro vel rima longîtudinali pertusum. ScHAER.1. » Sublato velamine thallode apothecia exterius atra sunt vel fuscidula, impolita, inte- rius luride cinerea, primum omnino sphaerica, posterius in apice planiuscula vel ur- ceolato-depressa.
Epithecium (Aa) ab initio, non secus ac in genere Verrucaria, a tunica prorsus distinctum, fuscum, dimidiatum, postremo cum tunica (Ad) jam lateritia, jam conco- lore, perque rimam sensim latiorem dehiscente, concrescens, et confusum.
Nucleus (Ac) gelatinosus, densus, hyalinus vel sordide cinereus, primum eximie sphaericus, clausus, mox vero urceolato-depressus vel in formam disci apertus. Hunc discum cingit et varie coarctat margo internus areolae, qua ipse excipitur, thallodis. Paraphyses copiosae, elongatae, tenerrimae, nodoso-articulatae, per gelatinam hyme- niam in speciem membranulae conglutinatae, superne nonnihil crassiores, et con- vergentes. i
Ascîi (B) perquam subtili membrana conflati, cum paraphysium tela contexti, quidam elongato-cylindrici, quidam subclavati et ventricosi, octo sporas semper fo- ventes. Occurrunt quoque in nucleo asci angustiores , inanes, s. abortivi.
Sporae (C) ovoidae, mediocres, in ascis cylindricis una serie ad lineam superpo- sitae, in ascis vero obovatis, et ventricosis confuso ordine distributae, primum hyali- nae, 9-6 de transverso septatae, dein per septa 2 - 3 longitudinalia magis divisae,
10 S. GAROVAGLIO,
indeque 12-24 loculares, loculis hisce minoribus subquadratis, tessellatim conjun- ctis. Sporae adultae fuliginosae , 0,""0171 ad 0,""0213 longae, 0,""0114 ad 0,""0142 latae, extra ascos corrugatae, nigrescentes, et plane deformes.
Habit. Crescit haec species hinc inde ad tegulas tectorum vetustas, inque saxis variis, non quidem ubique, suis tamen locis satis frequens. In imbricibus circa Papiam jam anno 1845, in arenariis prope Comum paullo post, loco vulgo « il Ponte Moli- nello » a me lecta. Specimina, quae cl. ZwAcK. in collectione sua evulgavit ipse dedi.
ADNOTATIO.
Limboria Euganea Massal. in 1. op. forma est solito macrior, et depauperata, varietatis nomine vix digna. Distin- guitur thallo tenui, indeterminato, sordide cinereo, vel plumbeo-fuliginoso , opaco, saepe pulverulento. Reliqua omni- no typi praeter sporas interdum in utroque extremo attenuatas, nomnihil proceriores, h. e. 0,MM0283 ad 0,MM0313 longas, 0,MM0142 ad 0,MM0171 latas. Descriptio et icon apud Massalong. veram ipsarum imaginem minime reddunt. Conf. tab. nostram II, fig. 2.
Altera hujus generis species est Limboria corrosa KòRB. Syst. pag. 376. E). Pa- rerg. pag. 402. Ej. Lichen. exs. n. 297 (non vidi). ARNOLD exs. n. 201 2n herd. GAROv. Dermatocarpon arenarium Hampr n litt. ad KòrB., Huj. Parerg., pag. 309 (annuente ipso Kurb. Fora 1866, n. 7, 8.) — Hanc paucis verbis tetigisse sufficiat cum nondum apud nos reperta sit.
Thallus tartareo-verrucosus, squamuloso-cartilagineus vel tartareo-leprosus, tenuis vel crassior, inaequalis, lapidis molaris ad instar incusus et asperrimus, passim diffra- ctus vel plane obsoletus, sordide cinereus, olivaceo-fuscus, opacus.
Apothecia (A) minutissima, solitaria, discreta semper, sphaerica, ab initio sparsis thalli verrucis innata, ab iisque pseudo-marginata, ostiolo tantum conspicuo, dein magis minusve emergentia, parte libera fusco-nigra, lurida, impolita, in apice depres- sa, poroque irregulari pertusa; epithectum (Aa) sub prima apothecii evolutione per- belle distinctum, crassum vel tenue, fere carbonaceum, tandem cum tunica per rimam sensim latiorem dehiscente prorsus confusum.
Nucleus (Ac) quamdiu clausus existit, figura sphaericus, deinceps cum tunica aperitur, urceolato-depressus, a limbo excipuli prominente varie coarctatus. Paraphyses copiosae, elongatae, flexuosae, liberae, subramosae, persistentes.
Ascî (B) tenues, lineares, in brevem pedunculum attenuati, octospori.
Sporae (C) una rectilinea serie intra ascos dispositae, primum quadriloculares, torulosae, in utroque extremo nonnihil attenuatae, increbrescendo vero exquisite ovoi- deae vel lato-ellipticae, 0,°”256, ad 0,""513 longae, 0,""114, ad 0,""128 latae, plurilocula- res, loculis minutis, angulosis, 24-40, minus eleganter tesselatim dispositis.
Variat: Thallo crassiore, subtartareo, rimoso-verrucoso, cinereo vel castaneo-fu- sco, madefacto turgescente ; apothectis creberrimis, minutis, e depresso verrucarum centro parvulorum instar granorum prominulis, subglobosis, atris. Internarum partium constitutio non secus ac in forma normali. Hoc est Dermatocarpon arenarium Hamp.
THELOPSIS, BELONIA, WEITENWEBERA, ECC. 11
Habit. Ad saxa granitoidea vel arenario-silicea: in Germania legerunt cl. viri Ar- noldius et Kérberus, quorum uterque specimina exsiccata edidit in propriis collectio- mibus.
ADNOTATIO
Differt a Limboria actinostoma: I. Thalli fabrica; II. Apotheciis dimidio minoribus, sphaericis, nunquam ex apicis centro ad ambitum radiato=striatis; III. Nucleo nec late aperto, nec in formam disci applanato ; IV. Paraphysibus liberis, subramosis; V. Tandem habitu omnino alio.
DS N è . N HH È a ì Go È = S . Ò CN è Zi S = È v= $ © SS > S li (ao) si (>) U2 Hi lim} a: Nd fai 4 (<>) U2I ar UE) as) = (cb) = 3 n D (= (<b) b Ss ni 2 DD S -H = fesa] 9 +) Si (ceva DET si (<>) Pa») 5 ® 3 ©) È . L 3h 5 fasi {<} > fi 5 = ta; K&)
, Korb-.
I Thelopsis rubella, gl 2 Beloria rrssula , Korb. — 3. Wertenmwebera muscorum
Mem della Soc Ital.di ScNat.Vol II. N:2.Tab.ll.
Garovaglio et Gibelli, Quatuor Lichenum Genera.
ribelli ad naturam delincavio.
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SUNTO DEI REGOLAMENTI DELLA SOCIETÀ
Scopo della Società è di promuovere in Italia il progresso degli studj relativi alle scienze naturali.
La Società si aduna in sedute ordinarie e straordinarie. Le ordinarie si tengono una volta al mese, eccettuati settembre e ottobre; le straordinarie, ogni volta che lo creda opportuno la Presidenza o il Consiglio d’Amministrazione.
La Società tiene inoltre ogni anno una riunione straordinaria in qualche luogo «d’Italia preventivamente scelto, alla quale, oltre i socj, possono prendere parte attiva: 1.° i rappresentanti dei Corpi scientifici ; 2.° gli invitati od ammessi dalla Presidenza.
Il numero dei socj è illimitato : si distinguono in onorarj, effettivi e corrispondenti.
.I socj effettivi pagano italiane lire 20 all’ anno.
La proposizione per l’ ammissione d’un nuovo socio deve essere fatta e firmata da ‘tre socj effettivi.
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Le Comunicazioni e Memorie presentate nelle adunanze. possono essere stampate o negli Atti della Società o nelle Memorie, per estratto o per esteso, secondo la loro | estensione ed importanza.
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Gli Atti si danno gratuitamente ai soc].
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| Si possono comperare î volumi HE, EV, V, VI, VII, VENI e DX degli Atti, al prezzo di lire 20 cadauno.
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Prezzo della presente Memoria
Pers .soc)f. se e ei
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Il numero delle Memorie corrispondenti ad un volume e ad un anno € | indeterminato» i
Il primo volume, pubblicato nel 1865, verrà rilasciato al prezzo di Lire 10 a tutti © i socj che si abboneranno al volume II del 1866.
In seguito, pei socj che non fanno l’ abbonamento nei primi sei mesi dell’anno i e pei non socj, il prezzo dei volumi sarà maggiore, e precisamente come verrà indi- | cato sulla coperta di ognuno di essi.
Le Memorie sono in vendita in Milano, presso la Segreteria della Società.
MEMORIE
‘| SOCIETÀ ITALIANA DI SCIENZE NATURALI Tomo II, N. 8.
STUDII SULLE COCCINIGLIE
MEMORIA
| ADOLFO TARGIONI TOZZETTI
DI FIRENZE
(CON SETTE TAVOLE)
MILANO COI TIPI DI GIUSEPPE BERNARDONI
Ò 3 1867 |
PRESIDENZA PEL 1867
Presidente, Dott. EmiLio CORNALIA, Direttore del Museo Civico di Milano, ecc., via del Monte Napoleone, 36. Vice-Presidente, Antonio ViuLa, via della Sala, 3. Dottor GIOVANNI OmBONI, Professore di Storia Nattrale , via del Cir- co, 12.
Segretarj RE Abate ANTONIO StoPPANI, Prof. di Geologia nel R. Istituto Tecnico superiore in Milano, via di S. Maria alla Porta, 10. S . (| FELICE FRANCESCHINI, via Broletto, 16. Vice-Segretarj
CamiLLo MARINONI, dottore in Scienze naturali, via S. Ma 5. Cassiere, GIUSEPPE GARGANTINI PIATTI, via del Senato, 14.
MEMORIE
DELLA
SOCIETÀ ITALIANA DI SCIENZE NATURALI Tomo II, N. 3.
STUDIE SULLE COCCINIGLIE
ADOLFO TARGIONI TOZZETTI
DI FIRENZE
(CON SETTE TAVOLE )
STAT 69
MILANO COI TIPI DI GIUSEPPE BERNARDONI 1867
SA
STE
INTRODUZIONE
Se la cognizione di un argomento di scienza corrispondesse sempre in giusta mi- sura col numero delle opere scritte intorno di esso, l’ Entomologia saprebbe oggi delle Cocciniglie quanto sa degli insetti di altre molte divisioni, e non di quelli meno studiati. L'utilità dello Scarlatto di Polonia, del Cocco o della Grana kermes, della Cocciniglia del carminio e della lacca, di quelle da materie più o meno vicine alla cera per la natura e per gli usi, e delle altre, alle quali si attribuisce un prodotto paragonato alla manna, ha eccitato l’attenzione degli osservatori da tempo remoto, e via via continuato a promuovere indagini nuove. Contro alle Cocciniglie, insigni come queste per benefizj si hanno poi le altre più numerose, che offendono o detur- pano le piante nei giardini e nei campi, o che non di rado impediscono ai frutti di maturare, e a più forte ragione anco esse han dato da pensare e da dire di sè.
Dalle più ovvie e frequenti, utili o perniciose, si passò ad altre, o incontrate di nuovo o distinte fra le prime, e anco di queste fu scritto; e poi vennero le osservazioni più sottili sulla fabbrica dei minutissimi corpi, sulla loro natura, sulle loro origini, sui fenomeni della vita loro, e di libri, di memorie, di semplici annunzi sulle Cocciniglie si compone oggi una serie bibliografica molto più ricca di quello che a prima vista sl crederebbe.
In questa si può distinguere le opere tecniche o che considerano le Cocciniglie pei loro effetti buoni o cattivi; quelle che ne enumerano e classificano le forme discuten- done le relazioni; le altre che danno conto della fabbrica o del modo col quale esse vi- vono e si producono, e volendo poi assegnare ad ogni studio l'epoca sua, si trova che quasi tutti i più moderni hanno riscontro in altri più antichi.
Così quelli dell’ anatomia si cominciarono fino, dal secolo XVII e XVIII con sue- cesso, rispetto ai tempi, notevolissimo (1). L’antica organografia fa spesso gran torto
(1) LEEWENHOECK, A letter concerning Obser- Philos. Trans. T. 24. p. 1614 (an. 1704). — GEor- vations about the making of Cochineal, according to rrov, Sur la laque et les matières qui fournissent
the account of an hold Spaniard of Jamaica, nelle à la teinture, nell’Hist. Acad. Sc. 1714, pag. 137.
4 AD. TARGIONI TOZZETTI,
a quella moderna (1). La classificazione si è arricchita di distinzioni di ordine, e di elementi reali o di specie, ma non si è gran fatto migliorato il criterio della più antica, posto da Reaumur, e gli studii tecnici sugli animali o sui loro prodotti trovano, come gli altri, ottimi corrispondenti in passato (2).
Più speciale ad un periodo remoto è la controversia sulla natura delle Cocciniglie.
La qualità di animali è concessa dal volgo, col nome che vale Verme o Verme rosso, alle Cocciniglie delle radici (Coccus radicum-Porphirophora sp.) in Oriente e nelle parti settentrionali di Europa, ma nei libri di scienza, per lunghissimo tempo ancora, coteste Cocciniglie sono escrementi, parti, tuberosità, bitorzoli e galle delle radici, sulle quali stanno, e occorrono opere insigni per ristabilire la verità (8).
La natura animale e le fasi dell’accrescimento del Kermes sono ben note a tutti pur esse, in Provenza (4; ma i Romani e i Greci hanno avuto la cosa col nome di Cocco (Coccus infectorius, Coccus Baphica) che implica l’idea di protuberanza, o di galla, e in questa o nell’altra ch’ei sia un trasudamento delle piante, o un nido di insetti seguitano a ritenerlo scrittori molti, in ispecie di cose botaniche (9).
Marsigli, nel secolo decorso, invoca anzi un esperimento a confermare cotesta idea, da che egli vede che la infusione del Kermes precipita in nero, come quella di galla, la soluzione di vetriolo; ma di contro l’ingenuo ed avveduto Cestoni pone le osserva- zioni sul Chermes, che trova sui Lecci presso Livorno. (Vedi op. cit.)
Fabio Colonna ha pure come un animale la sua Lepas nova (Coccus Caricae Aucr.) (5), e tale è, senza dubitarne, la Punaise des Orangers, Cimice degli Agrumi, per De la Hire. i
Una delle Cocciniglie, delle quali più a lungo e più fervidamente si contestò la natura, fuquella appunto del Messico. Si portava infatti dagli Spagnuoli la ricca ma-
(1) V. De LA Hire, Mist. de l'Acad. des Sec., de 1686 à 1695, T. 10 (1692). — CEstoNI, Cimici degli agrumi, 1714. — VALLISNIERI, Op., T. 1, pa- gina 464, Venezia, 1733. — REAUMUR, Mémotres pour servir à l’hist. des Insects, Tom. 14. Mémoire I, 1738. — GrorFROoy, Hist. abrégée des Insects, T. 2, Pa- ris, 1762. — ELLIS, An account of the male and Fe- male Cochineal Insect. nelle Philos. trans. T. 52, pag. 661 (1762).
(2) GEOFFROY, op. cit. — HELLOT, T'héor. chi- mique de la teinture, nell’ Hist. Acad. des Sc., 1741.
(3) BRANDT, Naturhistorische Bemerk: diber Wur- zencochenille in Vergleiche zur Mexicanische, nelle Mem. Ac. st. Petersb., 1833 (edita 1835), T.3, pag. 2. — HAMEL, Ueder, Cochenille am Ararat, op. cit., T. 1, pag. 9. — BREYN Zlist. nat. Cocciradicum tinctorii. —- GEDANI, 1731, nelle Philos. trans., N. 421, pa- gina 216.—Ip. Some corrections and amendements con- cerning the generation of the insect called Coccus ra-
dieum, nelle Philos. trans. T. 37. p. 444. (1731-33). — WoLFE, An Account of the Polish Cochinea Philos. Trans. T. 54. p. 91. 95. T. 56. p. 184. (1763-66.)
(4) REAUMUR, Hist. des însects, Tom. 4. — PLAN- cHon, Chermes du Chéne. Paris, 1864.
(5) An Account of the use of the grain of Kermes for coloration, nelle Phil. trans. T..1. p. 362 (1665), GEOFFROY. op. cit. p. 124, 133. — LISTER, Ar obser- vation concerning certains Insect-huskes of the Ker- mes Kind, nelle Prilos. trans. T. 6. 2165. 2. 196. T. 7. 5059. — NissoLE, Dissertation botanique sur V’origine etla nature du Kermes, nell'Hist. de l’ Acad. des. Sc. 1714, p. 444. — HELLOT, Theorie chimique de la teinture, nell’ Hist. de VAcad. des Sc. 1741. p. 38. — POMMET, nell’ Hist. gener. des drogues, p. 36. V. poi Lobel, Bauhinio dove dicono delle Ilex aculeata cocci glandifera, I. coccigera. I. aquifolia (Quercus coccifera).
(6) CoLumna, De Purpura, 17, 1616.
ti
STUDII SULLE COCCINIGLIE 5
teria tintoria, in gran copia, per la via dell'Olanda in Europa, ma non si sapeva certo quello che ella fosse. Giuseppe Acosta (1) l’ha ben detta un vermicello, e Plumier scrive da S. Domingo a De la Hire ed a Tournefort (2), che ella era veramente il corpo disseccato di un insetto, solito a vivere sulla Opuntia; ma Rousseau gli fa contro, e vi è chi da quei medesimi luoghi avanza per sicuro a Pommet (8), che ella è anzi un seme, «qui se ramasse dans des petites cosses faites en coeur. »
De la Hire, Leewenhoeck e Geoffroy videro che la Cocciniglia rammollita nel- l’acqua « s'est renflée et a repris souplesse et une forme, qui ne peuvent convenir qu'à un insecte. » Il primo non iscorse però le appendici, e credè che questo insetto fosse in istato di Aurelia (4); Geoffroy fu più fortunato e seppe vedere « è la simple vue, la téte, l’anus, les espèces d’anneaux, les places des pattes, » e poi le zampe stesse « bien articulées, trois de chaque coté »; mancano però le ali, e per tanto le Cocci- niglie, sebbene insetti veri, si distinguono nettamente dagli Scarabei.
Leewenhoeck è nel concetto che si tratti sempre di un animale alato, di una specie di mosca, la quale, colla preparazione che le si fa nel paese, perde la testa, le zampe, ele ali; matuttavia, dissecati i corpi rigonfi e molli per inzuppamento di acqua, seppe scorgervi dentro le uova, e in ciascun uovo un animaletto (Animalculum) con le sue zampe lunghe, articolate, regolarmente piegate di sotto, e con un istrumento nel capo, lungo '/ del corpo suo, sottile, acuminato, per mezzo del quale, uscito fuori, si nutrirà perforando, invece di mordere. Geoffroy, a sua volta, sà trovare anch’ esso « une éspece de grappe attachée è un canal creux, garni de petits grains, qui vus au microscope semblent des petit cochenilles. » Tutto questo pareva più che bastante per chiarire la natura delle Cocciniglie, ma Ruuscher olandese fu messo più tardi nell’ impegno di provarla con attestazioni legali (0).
Ai tempi dei quali abbiamo discorso, non era tanto determinato ogni pensare sulle origini degli animali, da non potersene ammettere più e diverse per molti, e per gli insetti in particolare.
Difatti, si legge chein America vi è una pianta chiamata Prik/epear (fico d'India), | che fa un frutto rosso di sangue, pieno di semi, capaci di dare una tinta simile al le- gno del Brasile ( Brasi/etto wood); in pochi giorni il frutto genera un insetto, e questo è la Cocciniglia che si conosce (0).
(1) Acosta, Hist. nat. e morale delle Indi e Cap.23 (traduzione di G. Paolo Galucci Salodiano, Vene- zia 1596). « ... Vi sono altri Tunali i quali quantun- que non facciano frutto si stimano molto più et li col- tivano con molta cura. .... Perchè nelle foglie di questo albero quando è bene coltivato nasce un ver- micello attaccato a quelle et coperte di una teletta sot- tile. — La Cocciniglia fu trovata al Messico nel 1521; Mattioli, nel 1544, dice che da poco è venuto dalle Indie occidentali una nuova specie di Kermes, che nel 1550, è detto specie di seme da Cardano. Lacuna,
nel 1552, ne parla come di cosa del Perù, sotto il nome di Cochinella. La Cocciniglia è però conosciuta a Ve- nezia nell’anno 1540. V. HAMEL, op. cit.
(2) Nell’ Hist. Acad. des Sc., de 1686 à 1699, T. 2, pag. 280.
(3) Hist. des drogues, pag. 32, Paris, 1694.
(4) Iist. Acad. sc. de 1686 è 1699 et 1733, T. 2.
(5) RuuscHER o RuyscHeR, Hist. nat. de la Co- chenille justifite par des documents autentiques, Am- sterdam, 1729.
(6) Anon., nelle Philhos. trans. T. 3. 776 (1668).
6 ‘AD. TARGIONI TOZZETTI,
Alle Bermude e nella N. Inghilterra poi vi è un altro frutto rosso, il quale an- ch’ esso genera vermi, che diventano mosche, e lo mangiano. i
L'origine della sua Zepas di nuova specie da una malattia del Mirto, è senza esitazione accennata da Fabio Colonna (op. cit.).
La Cocciniglia di Polonia è una coque alle radici dell’Alchemilla graminaefolia (Sclerantlus perennis) « dans la quelle se trouve un ver rouge @. »
Dall'altra parte si vede che le Cocciniglie del Messico son tutte piene di uova, e altre che nel 1703 sono osservate da Leewenhoeck sulle foglie degli Aranci (Lime tree) e di altre piante, tutte partoriscono giovani piccolissimi, 1 corpi dei quali sono pieni di altri giovani, sicchè tutti sono femmine e generano senza fecondazione (2).
Finalmente fra le attestazioni recate da Ruyscher, vi è quella che per gli alle- vatori di Antiquera le Cocciniglie sono femmine, le quali « are inpregnated by @ smals butterfley, wicl bred upon the Nopals, wich passes and repasses over them. »
Parlando l’ odierno linguaggio, si direbbe dunque che pure essendo fissati sulla natura, sulla origine dei nostri animali si ebbero tutte le idee della generazione equi- voca, della generazione assessuale, della generazione normale per fecondazione fra animali nella forma differenti fra loro.
Ma le nozioni sparse furono felicemente raccolte, in gran parte emendate, e aumentate moltissimo da Reaumur. Esso vide come il Grano tintorio delle radici, il Cocco, od il Kermes, la Cocciniglia del Messico, la Cimice degli agrumi di De la Hire, e altre che via via gli vengono a mano sono forme di insetti ben definite , le- gate da affinità più o meno stretta fra loro, e che talune possono avere per modello la Cocciniglia del Messico (Progallinsetti), altre invece i Chermes (Gallinsetti) (8);
(1) Grorrroy, Sur la gomme lacque, nell’ Hist. Acad. des Sc., 1714.
(2) Vale in questo luogo la pena di riferire le stesse parole dell’osservatore: Dai racconti delli Spa- gnoli si crede che sulle foglie del fico d'India (Prikle Pear) vengano delle protuberanze, che generano, per forza di sole, un verme, e che questo poi divenga una mosca (Flies), la quale cresciuta è raccolta, soffocata col calore, poi seccata per farle perdere le ali e le zampe; i corpi di queste mosche messe insieme e ven- dute sono appunto quelli delle Cocciniglie — L'autore soggiunge: «...I took several particles ofthis same Coc- » chineel... and having dissected them, I found hat they » had all Eggs in their Bellies, save only one, that was » exceding small, and there I could discover no Eg- gs. — +... and having observed several of them with my Microscope, I could perceive not only a Mem- brane or Shell upon the most of them, bu also an Animalculum of an oval Shape included in the said Shel I could perceive their legs also or- derly folded up, against their body, and could separate them from it, especially in such af were full grown —
Yea in some of em, I did even discover the several Joynts of the legs....
Wen ] cast my Eye upon some of these Embryos, after I had devested them of the Membrane or Shell, in wich they were shut up, I observed on their head a kind of a Tool or instrument, about a fifth part as long of the Body of Animalculum and at the and thereof a very slender point....... but that they only insinuate their said instrument into the Leaves, and after that manner get their nourrishement. « Dopo molti tentativi per trovare dei maschi conclude. « I then imagined that all the Cochineel Flies are Fema- les. That position of mine that all the Cochinecl Flies are Females may seem very strange «.... ma sulle foglie dei Limoni, delle viti (Currant tries) e di altre piante trova che.... » all wich animalcula bring forth young alive, and these. young being very little, have theis Bodies filld with other young and are all Females, and consequently there is n0 Copulation among them... V. LEEWNENHOECK, nelle Phil. l'rans. Tom. 24, pa- gina 1614. (1704).
(3) ReAUMUR, Mém. Ins., T.4, Mem. I, IT, 1738.
STUDII SULLE COCCINIGLIE, rd
ma questo ammesso, intorno alle distinzioni, esso si adopra molto più a prender con- tezza degli animali per sè , che non a definirli pei loro caratteri differenziali, e a or- dinarli sistematicamente.
Questa cura prende Linneo, ed esso, intento a censire il popolo minuto , toglie il nome di Chermes all’impiego suo, consentito oramai fuor della scienza ed in questa, e meno felicemente di Reaumur riunisce Gallinsetti e Progallinsetti sotto un sol ge- nere col nome di Coccus (1).
L’opera di Reaumur tuttavia è continuata da Geoffroy (2) e da De Geer 0); ma d’ora in poi volge principalmente per la via del sistema, sulla quale, come Linneo, si spinge Fabricio (4), e lo stuolo degli inventori e dei denominatori di specie.
Per lungo tempo si ingrossa con questo il genere Coccus. Certe forme però ne impongono con qualche particolare apparenza, e si scevrano; per le altre la suddivi- sione di Reaumur, sotto forma di sezioni di genere, fa capo di nuovo alle opere (0) e le sezioni prendono corpo di genere di propria consistenza e di proprio nome alle mani di Costa, troppo acerbamente censurato da Westwood, che d’altronde va dietro a lui.
Le distinzioni però e le definizioni delle specie dipendono da segni non proprii, 0 da fatti estrinseci agli esseri ai quali vanno applicate, e di qui la nomenclatura delle specie stesse dal nome delle piante sulle quali si trovano, la confusione dei sinonimi, e la incertezza che portò il Costa fino anco a dire che ormai il meglio era di con- siderare come non fatta la storia dei Coccinigliferi e di ricominciarla di pianta (0). In qualunque modo poi le descrizioni si riferiscono, per lungo andare, alle femmine, ma ormai da più parti si è parlato di un maschio, e di un maschio alato, diverso quindi dalla femmina sua, aptera sempre.
Reaumur recò per la esistenza di questo maschio disforme osservazioni eccel- lenti; e Latreille la confortò dal suo canto con la descrizione minuta di quella di una specie nostrale (7).
Ma fu Bouché (8), imitato poi da Burmeister (9), il primo a far entrare 1 caratteri del maschio nella frase diagnostica della specie, ponendo quei delle femmine in se- condo luogo, e a tornare con maggiore, anzi nuovissima cura, sull’ analisi organo- grafica di queste, quindi a descrivere con più precisione, a distinguere con più ragio- ne, migliorando in tal modo essenzialmente la condizione della scienza.
Quanto all’anatomia, alle investigazioni, di cui si è detto di sopra, bisogna, per trovarne altre, venire, in mezzo ad un silenzio non interrotto nemmeno da Reaumur,
(1) Linneo, Syst. nat. 1735. Faun. suec, 1746. minciare a tessere questo genere (Coccus L.) con or- (2) Histoire abrégée des insects, T. 2, 1726. dine nuovo, e con un linguaggio proprio allo stato at- (3) Mém. pour servir à l’hist. des insects, T. 6, 1766. tuale della scienza. » (0. G. Costa, Coccinigliferi, p. 1. (4) Syst. Entomol., 1775. (7) Descript. du Chermes male de l’Orme, nel Mil- (5) LATREILLE, Hist. Nat.T.12. — Boyer Fonsco- lin. Magaz. enc., 1796, Tom. 2-6, p. 433, nell’ ist. LOMBE. Des Kermes des environs d’ Aix, negli Ann. nat. des fourmis, 1802, pag. 326. Soc. ent. frane. T. 3. (8) Naturgeschicte der Insectenkunde, 1834.
6) « Bisogna dar di penna alle vecchie frasi, e co- (9) Handbuch der Entomologie, Tom. 2, 1835.
do) AD. TARGIONI TOZZETTI,
all’opera di Ramdohr, dove si dà una idea, probabilmente assai lontana dal vero, del tubo intestinale di un Chermes Alni (1).
Dufour passa inavvertiti i Coccidi, se non si tenga conto delle osservazioni sul tubo intestinale della Dorthesia Characias ) affine a questi.
Burmeister determina il numero e la sede degli stigmi, e assai bene la distribu- zione delle trachee nel suo Aspidiotus Nerii, peggio assai in Lecanium (L. hespe- ridum Burm.,) nell’ Aleurodes Chelidonii in stato coccidiforme ed accenna altri fatti anatomici, men rettamente però (8). Si estendono di più all’ apparecchio riproduttore, al tubo dirigente, al sistema nervoso, gli studii di Leydig (4), ma introducono errori di osservazione e d’interpretazione troppo frequenti.
Leuckart (5), Huxley (6), Lubbock (7), Queckett (8), Claused (9) ed altri di cui diremo a suo luogo hanno recato maggior chiarezza sulle cose dell’apparecchio riproduttore in particolare e della riproduzione; ma quasi sempre passando ai Coccidi dagli Afidi, che dopo Bonnet e Reaumur sono presi di mira in generale pei primi.
Sarebbe ora luogo il riassumere tutti i progressi fatti dopo Pommet, Hellot, Geoffroy, per le idee sulla natura, la qualità, gli usi delle materie tintorie delle di- ‘ verse specie di-Cocciniglie, da questo punto di vista notevoli; oltre di che dopo il colore dei Chermes, della Cocciniglia di Polonia, o di quella vera, sono stati rive- lati in Europa i prodotti delle altre, cioè la lacca (10), varie specie di cera (11), tutte esotiche, note alle Indie, alla China, da tempo che gli scrittori locali fanno risalire. molto lontano in addietro. Ora noi stessi abbiamo di recente annunziato e studiato una di queste cere, dovuta ad una Cocciniglia nostrale (Coccus Caricae auct., Co- lumnea testudiniformis nob.) (12), e nel progresso del nostro lavoro, mostreremo molti
effetti singolari e molte forme di prodotti congeneri in altre non poche.
(1) Abbandlung iiber die Verdaungs werkezeuge der insecten, Halle, 1811, pag. 198, $ 118, T. 96, £2;08.
(2) Memoire sur les Hémiptères, nelle Mém. sav. étrang., T. 4, 1833.
(3) Handbuch der Entomol., T. 2, pag. 64, 1835. V. T. 1, f. 10, 11, 12. — V. anche SigBoLp, nel Ma- nuel d’anat. comp., ed. Roret, 1, pag. 160.
(4) Zur Anatomie von Coccus esperidum, nel Zeit- schrift fur Wissenschaftliche Zoologie, T. 5, tab. I. fig. 1, 1353.
(5) Zur Kenntniss des Generationwechsels und der Parthenogensis bei den Insecten.1858. — MoLESCHOTT, Untersuchungen zur naturleheere des Menschen und der Thiere, 1853. T. 8. — V. anche nel Quarterley, Journ. of microscop. science, T.7, p. 102, 1859. — Non abbiamo potuto procurarci l’altro lavoro dello stesso autore. — Die Fortplanzung der Eindenlause, nel Troschel Archiv., 1859. Ann. 25, pag. 208, tab. 1.
(6) HuxLEY, On the agamie Reprodution and Mor- phologie of Aphis-Trans. of the Linn. Soc, T. 22, pag. 195.
(7) On the digestive and nervous system of Coccus Hesperidum, nei Proceed. of the r. Soc. 1858. On the ova and pseudo ova în insects, nelle Philos. trans., 1859.
(8) QUECKET, Observ. on the structure of the white filamentous substance surroding the so called Mealy Bug. (Coccus vitis). Quarterely journ., of microscop. sc., T. 6, 1858, letta nel 1857.
(9) Zur Kenntniss von Coccus Cacti, nel Mullers Archiv., 1859.
(10) V. Kerr James, Natural history of the insect which produced the Gum Lac, nelle Philos. tran- sact. 1781, T. 71, N. 24.
(11) ANDERSON (JAMES), Lettres to sir J. Banks, 1787.— JULIEN, Sur une espèce de cire fabriquée par des insects qui se trouvent en Chine. - Reinsegnements sur la cire végétale de la Chine et sur les insects qui la produisent, nei Comptes rendus, 1840, T. X, 1840, pag. 550, 619. — QUECKETT, op. cit.
(12) Continuazione degli atti della R. Acad. dei Georgofili, T. 13 (1866).
STUDII SULLE COCCINIGLIE 9
La storia delle Cocciniglie finalmente si è arricchita di notizie moltissime intorno all’ allevamento di quelle utili o alla distruzione di quelle dannose, come a seconda della opportunità sarà detto.
Venuti dalla nostra parte sull’ argomento di questi animali per una circostanza eventuale, che fu la invasione di una delle loro specie nei vigneti del mezzogiorno d’Italia, nel 1865, e stimolati dalla curiosità, lo abbiamo seguitato con animo di riscontrare la condizione della scienza intorno ad esso, e di aggiungere quello che la investigazione ci recasse innanzi men conosciuto. È risultato il lavoro che ora sot- tomettiamo alla considerazione degli studiosi, diviso in due sezioni o memorie sepa- rate, che si succederanno a breve intervallo, e si completeranno a vicenda.
La prima, cioè questa, comprende la esposizione della struttura e delle fasi della vita degli animali, i quali o in definitivo, o provvisoriamente almeno, racco- gliamo insieme col nome di Cocciniglie o di Coccidi come dicono i più. I
La seconda conterrà la definizione più giusta di questo complesso, la descrizione e la classificazione delle specie tanto nuove che antiche, analizzate ed illustrate però nuovamente.
Dividiamo intanto lo studio presente in capitoli che trattano:
1.° delle forme e degli organi esterni delle larve, e degli animali perfetti o ma- turi, e delle metamorfosi loro;
2.° dell'involucro comune, degli organi che vi si trovano, e dei loro prodotti;
3.° del sistema ipodermico, adiposo, e muscolare ;
4.° del sistema nervoso;
5.° degli organi respiratorii e degli organi digerenti;
6.° degli organi riproduttori nei maschi e nelle femmine;
7.° della generazione delle uova;
8.° della evoluzione dell’ embrione;
9.° della condizione delle femmine rispetto ai maschi, e della posizione delle Cocciniglie nella serie degli insetti.
CAPITOLO I. Delle forme e dei maggiori organi esterni del corpo delle Cocciniglie. S a — Nella Femmina.
Le femmine delle Cocciniglie sono costantemente aptere o mancanti di ali; le loro forme però variano secondo la ragione delle specie, e per tal modo che le une (Pro- gallinsetti Reaum. Coccus auct. (1)), da principio alla fine della vita, rimangono im-
(1) genere Coccus si ristringe per noi al Coc- cus Cacti auct. e ad altre due specie esotiche e tintorie come questa. Il genere Dactylopius fondato da Costa si ristringe anch'esso di più, escludendone il Coccus Cacti, e comprende due specie confuse generalmente sotto nome di Coccus Adonidum. Dei due nomi Dacty- lopius Costa, e Pscudococcus Westw, ritenghiamo il
primo, secondo l’ordine del tempo. — Il genere Diaspis Costa è anteriore al genere Aspidiotus Bouché, ed ha ugualmente per tipo una forma che si confonde con altre sotto il nome di Coccus Aonidum, o si dà con esse sotto nomi diversi, secondo le piante, sulle quali per avventura si trova.
10 AD. TARGIONI TOZZETTI,
mutate, altre mutano sensibilmente. Di queste alcune conservano gli organi esterni, che hanno nelle prime età (Gallinsetti Reaum.); altre poi li perdono, e assumono sembianze che sono di vere Pupe, di quelle che se mancasse la bocca, si direbbero dolioloidi Lamk. od amorfe (Coccus Aonidum, Diaspis Costa, Aspidiotus Bouché). Il corpo di quelle immutate è generalmente ovato, allungato, più o meno depresso, e diviso in 12 segmenti, otto dei quali sono dell'addome ©, tre si possono assegnare al torace B, mentre in avanti un altro segmento rappresenta il complesso delle somiti del capo A (Tav. 1, fig. 4,5). In ciascuna somite si ha un arco tergale e un arco sternale, sui quali si disegnano, per via di depressioni, la tergite e le epimeriti nel primo, la sternite, e le episterniti nell’ altro. Le sterniti e le tergiti dei diversi anelli successivi formano la regione mediana delle due faccie del corpo; le epimeriti e le cpisterniti, congiunte sull’estremo contorno, compongono un lembo marginale più o meno profondamente smerlato, guarnito spesso sopra ogni sporgenza di un pelo; questo margine, assai evidente nei Coccus o Cocciniglie coloranti, è anco più di- stinto in quelle che si comprendono fra i Dactylopius, ed i peli di esso evidentis- simi e quasi spiniformi in alcune specie, sono in altre più brevi, o mancanti.
Alla congiunzione degli anelli fra loro, a quella delle sclerodermiti mediane colle laterali in ciascun anello, corrispondono nell’ interno delle inflessioni del tegumento, o degli apodemi per le inserzioni muscolari, più valide di quello che a prima vista si crederebbe, specialmente nell’ arco sternale degli anelli del torace (Tav. 3, fig. 1, a d'a"). Se ora ad una ad una si prendono le grandi regioni del corpo, in uno dei progallinsetti più frequenti e più facile a studiare, cioè un Dactylopius (C. Ado- nidum auct.), quella della testa ha disopra uno scudetto quasi triangolare, legger- mente scolpito da solchi obliqui, da avanti indietro, e da rilievi simmetrici (Tav. 1, fig. 4 A); di sotto (Tav. 1, fig. 5 A) ha un'area pur essa subtriangolare o subpenta- gona, e suddivisa, che ha in avanti sul margine curvo due peli mediani, poco sotto al margine e poco lontano dal mezzo le antenne (a), più indietro sul margine stesso gli occhi (b), e più indietro ancora, rilevata nel centro di una depressione mediana, all'altezza quasi delle prime zampe, la bocca (c).
Il torace (fig. 4, 5, B) è, per la parte di sopra, rappresentato da tre segmenti, divisi in regione media o tergale, e in regioni laterali o epimeriche; di sotto da una regione di mezzo scolpita con regolarità, ed alle eminenze della quale sui lati corri- sponde più visibilmente la inserzione delle zampe, e da un margine che la inquadra. Segue l'addome (fig. 4, 5, C), connesso al torace per tutta l'ampiezza della sua sezione anteriore, e co’ suoi otto anelli, dei quali gli ultimi sono più angusti e l’ultimo minore di tutti. Nelle specie a corpo molto globuloso, come quella della Cocciniglia del car- minio, o del Messico, gli anelli sono veramente circolari e trasversi; e poichè gli ultimi divengono da avanti indietro l’un più dell'altro minore, succede che l’ultimo di tutti, e il più angusto, occupi il centro del sistema, o il polo posteriore del corpo portato un po’ verso il segmento sternale. Nelle specie a corpo depresso, gli anelli sono a sezione ellittica, e mentre gli anteriori sono direttamente trasversali, i poste- riori si piegano ad arco all'indietro: l’ultimo di tutti (fig. 3 1.), minore degli altri, e abbracciato dalla concavità del penultimo (k) e di quello che lo precede, lascia agli
STUDII SULLE COCCINIGLIE 11
estremi dell'asse maggiore di questi due facoltà di sopravanzarlo, sicchè l’ estremo del corpo apparisce inciso, con due lobi per parte ai lati della incisione (Tav. 1, fig. 3). Per gli usi descrittivi da farne in seguito, daremo il nome di anello precaudale al- l’avanti penultimo anello visibile dell'addome (fig. 3), di anello caudale al penultimo, e diremo lodi precaudali le sporgenze di quello, come col nome di caudali desi- gneremo le parti che possono dipendere dall’ altro. Chiameremo ancisione caudale, l'intervallo che divide in due l’ultimo estremo del corpo, ed anello anale quello che vi si occulta ed è l’ultimo.
La disposizione delle parti, e la forma descritta fin qui come definitiva di quelle specie, che non subiscono trasformazione, è forma e disposizione comune per le altre, avanti almeno che le trasformazioni sieno molto avanzate, salvo modificazioni spesso gravi nelle apparenze ma non essenziali, nel margine, nell'estremo posteriore del corpo, o nelle appendici, che le arricchiscono di ornamenti diversi.
Per di più, queste forme e queste disposizioni appartengono tanto alle larve delle femmine, che a quelle dei maschi, ed è affatto illusoria ogni distinzione fra i due sessi nei primi tempi della vita, benchè alcuni abbiano insistito nel designarla (Costa).
Ma come si è detto, mentre certe specie non mutano, altre si deformano, o sì tras- formano notabilmente, ed all’ ultimo sono diverse molto da quel che erano prima.
Così vi è una serie molto numerosa di specie, da porre in generi differenti, parte di già distinti, parte da distinguere di nuovo, nei componenti delle quale il corpo è un disco ora piano ora rilevato di sopra, incavato di sotto (en dateau renversé, Reaum.) o emisferico, o vescicoloso, nudo, o con ornamenti di raggi, di fiocchi di squame, dei quali non darebbe idea la forma dei Coccus o dei Dactylopius (fig. 6, 8, 9, 10, 11).
Le femmine di questo tipo conservano, meno gli occhi, le parti esterne, ma altre divengono corpi lenticolari rotondati in avanti, sinuosi, incisi ne’ margini, torulosi nelle due facce, senza occhi, senza antenne nè zampe, e il nome di pupa o di crisalide amorfa conviene ad esse quasi perfettamente (fig. 24 F, fig. 31).
Le femmine, descritte prima, dei Coccus, dei Dactylopius, dei loro affini, manten- gono per tutta la vita la facoltà di passare da un luogo a un altro, quantunque non sì mostrino senza grave ragione inchinate a profittarne. Le altre, dopo un breve pe- riodo di spedita libera attività, rimangono fisse per la. bocca ad un punto, e abbiano, o non abbiano zampe, non si muovono più.
Molte allora restano in diretto rapporto col mondo esterno pel loro dorso, col ven- tre toccando alla superficie delle piante sulle quali hanno preso stanza; altre, cioè quelle a forma di pupa, si occultano invece sotto un riparo o scudetto, che non aderisce al corpo ma lo ricuopre e che esse stesse si formano.
Per dare giusta idea della forma definitiva e ultima di queste specie, e dei rap- porti di essa con quella della larva, è meglio vedere come avvenga la mutazione.
Nei Lecanium, nelle Columnea (1), che possiamo prendere per tipo di tutte le Coc-
(1) Il genere Lecanium Illig., comprende la mag- Hire (Coccus hesperidum nob.). Il genere Columnea da gior parte dei Gallinsetti en bateau renversé di Reaum., noi definito meglio, e nominato in onore di Fabio Co- e può avere per tipo la Cimice degli agrumi di De la lonna, che ne descrisse il primo una specie nostrale
12 i AD. TARGIONI TOZZETTI,
ciniglie discoidee, o cimbiformi, o vescicolari (Ga/linsetti Reaum.), la larva (Tav. 1, fig. 12) è appena diversa dalla larva, o dall’animale maturo di un Dactylopius (Tav. 1, figura 4, 5), salvo le dimensioni, ed è un minuto corpicciolo allungato, ver- dastro, giallo, carnicino, agilissimo ne’ suoi movimenti e irrequieto, che, crescendo di mole rapidamente, si deprime intanto e si allarga (fig. 9). La fronte (f) si fa sporgente oltre la inserzione delle antenne in avanti, i margini laterali (m,m) si espandono in fuori allontanandosi dalla linea mediana, e da quella lungo la quale si fa per ogni parte l'inserzione delle zampe; i lobi precaudali (i) e caudali (k) crescono all’indie- tro; e la smarginatura, che prima li divide, si rende più profonda fra loro.
I lobi caudali (k) poi crescono meno dei lobi precaudali, e rimangono in forma di squame (squame caudali), la cui figura darà poi buoni caratteri per la distinzione delle specie (Tav. 1, fig. 9, fig. 30). Crescendo poi i lobi precaudali e caudali all’in- fuori ed indietro, il margine che era posteriore diventa interno, le parti più vicine de’ due venute così l’una contro l’altra si accostano di più, e la fessura interposta sì chiude. Le squame caudali occupano allora il fondo di essa.
Nella espansione dei margini del corpo, sono rimasti internati sotto il ventre, come le zampe gli stigmi (ff); ma la comunicazione di questi coll’aria di fuori è assicurata ugualmente, per via di un canale che poi diviene un tubo, il quale traversa tutta la larghezza del lembo che sta fra loro e il margine esterno; e questo per di più, dove i canali sboccano, rientra e presenta quanti essi sono, cioè due per parte, altrettante in- cisioni (Tav. 1, fig. 9, g' g').
Fiocchi, raggi, inverniciature, croste di cera o di resina sopravvengono poi come prodotti e dipendenze di organi particolari, ad alterare le forme anco di più, e per un esempio di tutte le mutazioni si rappresetano quelle dell'animale della nostra Co- lumnea testudiniformis, che è passato col nome di Coecus caricae, nello stato di quasi maturità; di Coccus kydatis nello stato adulto; di Calypticus radiatus Costa nello stato giovane. Questi stati si succedono secondo l'ordine delle fig. 12, 6 a, 6, 9,8, 10, 11 della nostra Tav. 1.
Le ultime due immagini rappresentano un animale giunto a perfetta maturità, e l'undicesima lo mostra rovesciato come una capsuletta piena di uova, perchè infatti questi animali dapprima gonfiano per lo aumento delle ovaje in cui le uova si formano, poi partoriscono le uova stesse, e ritirando sempre più la parete ventrale contro quella del dorso, come benissimo vide Reaumur, e men bene altri più recenti, essi riman- gono sopra di quelle colla forma di una barca rovesciata, 0, se si vuole più modesto confronto, colla forma di un cuopri-vivande posto sulla pietanza sopra la mensa. L’ani- male muore dopo il parto, ma meno prontamente di quello che per lo più si ritiene.
Specie di generi affini fin qui comprese ancora nel genere Coccus (C. vitis auct.),
sulla Mortella, corrisponde al Coccus Caricae Fabr. gli Atti della R. Accad. dei Georgofili 1866. — Se- Bisognerà separare di nuovo le specie americane, che STINI, Sopra una nuova specie di cera, nel Nuovo Ci- altra volta credemmo di riunire a questa, per le quali mento, 1866.
starà il nome di Ceroplastes di Gray. V. TARG., ne-
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o alcun’altra (Philippia nob. (1)) partoriscono le uova, spingendole dentro un fol- licolo, che le madri san costruire alquanto più indietro del loro corpo; quindi non aderiscono come le prime alle superficie sulle quali stanno e non si vuotano com’ esse di sotto; altre non partoriscono (Xermes) le uova loro numerosissime, e queste colle trachee in masse voluminose gonfiano gli animali in forma di vesciche a guscio cro- staceo, da che principalmente il nome di Cocco e l’idea delle Galle.
Presso a queste vi sono delle forme, notevolissime per gli ornamenti di cui sono insignite o nel dorso, o nel margine; sono come dischi oltremodo depressi, portano sulla faccia inferiore la bocca come le altre; e degli arti per più conti particolari, quando tutti o alcuni almeno non mancano.
La definizione precisa di queste forme lascia ancora a desiderare, massime perchè da più parti molte ricordano gli animali degli A/eurodes nel loro stato coccidiforme o di pupa aderente. Hanno però larve che si riducono sotto la forma generale delle altre delle Cocciniglie, e per venire allo stato nel quale si trovano sulle Lentaggini (Viburnum Tinus), sulla Phyllirea latifolia, debbono passare come gli A/eurodes propriamente, per delle vicende poco diverse da quelle fin qui considerate.
Conviene ora prendere le femmine di quelli animali che non potrebbero dirsi nè progallinsetti nè gallinsetti (Coccus Aonidum Auct., Diaspis Costa, Aspidiotus Bouché), e che sono all'ultimo apodi e pupiformi (Tav. 1, fig. 24 F, £. 31).
Se si parta da una larva che al solito è quasi identica con quella di un Dacty/o- pius, o di un Lecanium (fig. 12, Tav. 1), le loro forme intermedia (fig. 7), e definitiva (fig. 31), sono rappesentate secondo una specie (Diaspis Bouchei nob., Aspidiotus Nerii Bouché), mentre la figura 24, con un ingrandimento minore dà idea dell’ ani- male medesimo quasi maturo in F, e dello scudo che lo ricuopre, e di sotto al quale è tratto fuora in D.
La forma definitiva è stata sommariamente determinata di sopra; il fatto culmi- nante in essa è l’ assenza completa degli arti; ed altro fatto di qualche valore è l’ap- parente mancanza della incisione deretana del corpo, ai lati della quale pertanto non si rinvengono nè lobi caudali, nè lobi precaudali sporgenti.
Per venire dal primo a questo stato, la larva mobilissima da principio e globulare allungata si deprime, e si allarga in avanti e sui lati come le altre, ma indietro si ac- cresce uniformemente, sicchè nè lobi, nè incisione profonda si formano (Tav. 1, fig. 7).
Dopo di questo, la larva si fissa; e fermata, sotto un velo di filamenti di cui si cuopre, subisce una muta almeno (Diaspis Boucheîi), e in più casi due, Diaspis ca- lyptroides Costa, attestate dalle spoglie che restano l’una sotto l’altra presso dell’ani-
male, anzi sopra di lui e come centro, (fig. 24 E") dello scudo D, che così cominciato, per altro modo si accresce.
(1) Specie che si trova sulle foglie dell'Olivo presso sore De Filippi. Questo genere và vicino a quello che Firenze, e della quale dovremo parlare più volte. — dovrà comprendere il Coccus vitis auct. (Calypticus Si giustificherà in seguito la creazione del genere, che spumosus Costa) Pulvinaria nob.
ora ricorda il carissimo e compianto nome del profes-
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In queste mute e fin dalla prima l’animale perde le antenne e le zampe ad un. tratto, nel seguito aumenta solo in volume, e diviene discoideo, o secondo altre specie ovale, e allungato; gli occhi rimangono, ma anch'essi spariscono poi a poco a poco; la bocca (c) persiste sempre.
Lo scudo (D) (fig. 24), è formato da una secrezione particolare, di cui troveremo l'origine in altro momento, ed è circolare, ellittico, mitiliforme, bianco, o colorato, se- condo le specie, l’animale delle quali, per accidenti secondarii di figura o di ornati varia notabilmente.
In alcuni come il Diaspiîs calyptroides Costa (Aspidiotus Echinocacti Bouché) e il D. Conchiformis (Coccus conchiformis L.) la seconda muta avviene sollecitamente, e colpisce l’animale ancora molto più piccolo di quello che sarà di poi, sicchè la se- conda spoglia rimane sotto la prima, e le due soprapposte e orientate alquanto diver- samente formano soltanto un punto culminante nel centro dello scudo, o da una parte di esso.
Due altre specie, esotiche certamente , e trovate una sulle foglie del Phytelephas macrocarpa, l’altra su quelle di una Orchidea tropicale, coltivate nelle stufe del giar- dino del regio Museo di Firenze, si riferiscono pei fatti generali e per le forme allo stesso genere Diaspis (D. Fioriniae, D. Parlatoris nob. (1); ma in ambedue l’animale subisce a grande intervallo di tempo dopo la prima, la seconda muta, e fra l’una e l’altra avendo acquistato quello di una specie tutto, l’altro quasi tutto il suo incre- mento, la seconda spoglia basta da sè, con pochissimo lembo di materia secreta a formare lo scudo, che ricuopre il corpo non solamente, ma anco le uova da esso partorite.
Tali essendo le forme del corpo dei nostri animali, secondo i loro modelli prin- cipali, e tali le vicende per le quali gli uni conservano la forma prima, e meritano nome di Ametaboli, gli altri subiscono una deformazione o Paramorfosi, e altri una Petamorfosi vera, della quale altrove troveremo i confini, debbono ora considerarsi gli arti che dipendono dai corpi loro o da principio in tutti, o nel seguito, quando gli animali gli conservano. i
Le antenne variano nelle larve come negli adulti dalle forme che in parte, ma non bene, furono osservate da Bouché, ad altre delle quali si danno le figure nella nostra Tavola 1 (fig. 18, 20, 23, 26, 27, 29), risevandoci alle descrizioni delle spe- cie più lunghe parole. Basta vedere le differenze nel disegno per comprendere il partito da trarne nelle diagnosi descrittive.
I Coccus, le Porphyrophora, i Dactylopius, le larve di tutte le specie le portano dirette in fuori, e in avanti, i Lecanium e loro affini, nel deformarsi, le ripongono sotto il corpo e le volgono indietro.
Le antenne delle larve differiscono spesso da quelle dell'adulto, e per esempio l'antenna (fig. 20) che è di una larva, nell’ adulto è cilindrica in tutta la lunghezza e
(1) La contessa Elisabetta Fiorini Mazzanti, di nome a proteggere nel loro ingresso nel mondo le fra- nome caro e riverito ai botanici e agli algologi in par- gili creature, che ora si presentano con nome proprio ticolare, e il professore Parlatore, valgano col proprio. la prima volta.
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terminata da un breve uncino (fig. 18); quelle della fig. 27 hanno nelle larve un nu- mero di articoli minore; quelle della fig. 23, composte di un articolo solo come le zampe nella specie singolarissima a cui appartiene, sono di più articoli grossetti alla base, e con un flagello minutamente articolato in ultimo nella larva.
Gli occhi sono semplici sempre e la corneola sporge colla convessità sul margine cui appartiene, cuoprendo il pigmento che vi sta dietro; nella larva esistono senza eccezione, nell'adulto spariscono il più delle volte.
In alcuni casi ( Diaspis Fioriniae ), dietro la fronte stanno due corpi, che danno idea di qualche organo non comune, di uffizio sensoriale forse, ma non definito.
La bocca, situata come si è detto, ha per verità delle apparenze singolari, e si può dividere in due sezioni. Una anteriore (T'av. 1, fig. 2, Tav. 3, fig. 5, 6) che cuo- pre gli organi interni, e una posteriore.
La prima si compone di un lembo chitinoso (A) subpentagono o quadrato in avanti, triangolare di dietro; libera da questa parte (Tav. 1, fig. 2 a. d) è secondo le specie triloba, tripartita, tridentatata; dalla parte opposta e dai lati è connessa alla testa per via di robusti apodemi. L'area del lembo così formato, sulla faccia inferiore è per lo più percorsa da due linee depresse, che continuano il seno della incisione marginale, e lungo queste linee scorrono spesso due ingrossamenti ramificati, che si vedono facilmente per trasparenza (Tav. 1, fig. 2 a).
Questa parte va presa in complesso per corrispondente del labbro anteriore (La- brum Savigny), ma forse essa corrisponde anco più esattamente col disco del Clypeus di Fabricio, ed il vero labbro anteriore, limdus, è in queste forme di animali mancante.
Le Mandibule (Tav. 1, fig. 2 e, Tav. 3, fig. 6, e) (Mandibulae' protractiles Sa- vigny) e le Mascelle (f. f, fig. cit.) (Mazillae protractiles et penetrantes Savigny) formano due paja di organi semplicissimi, e sono, per la base loro triangolare allungata, nascosti dietro quello che diremo ad ogni modo labbro anteriore, e per un’altra parte molto più lunga sporgenti fuora in forma di setole prismatiche flessibili, raccolte in un fascio, e terminate ciascuna a punta ma assai bruscamente (Tav. 3, fig. 4).
Negli Emitteri meno i Z%rips (Latreille) non si hanno palpi, e le Cocciniglie in- fatti ne mancano completamente, ma mentre, da non pochi almeno, si sono ammesse tre setole sole, e una si è presa per rappresentante del labbro inferiore dei Coleotteri, le setole son quattro, e dal numero e dalla posizione è data la loro corrispondenza co- gli organi buccali di altra forma negli altri insetti. .
La parte posteriore della bocca è il vero labbro, che negli emitteri è una guaina articolata, e secondo Latreille stà in luogo di quel che egli chiama ganache, mento (op. cit.) ed è il Rostrum o meglio la Vagina setas continens di Fabricio.
Questa parte nelle Cocciniglie si compone sempre di una doppia lamina piegata longitudinalmente, e coi margini della piega più o meno ravvicinati alla linea. me- diana, talora liberi, talora saldati per modo da formare un canale più o meno aperto di sotto o una guaina.
La forma sua (Tav. 1, fig. 2, c, d) nei Dactylopius, è quella di un cartoccio molto allungato coll’apice indietro, ampiamente aperto alla base, che è volta in avanti verso .il labbro anteriore, è fesso di sotto, e coi margini della fessura ingrossati di tratto in
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tratto, poi specialmente verso l’ ultima estremità. Una divisione trasversa accenna in esso due articoli o segmenti successivi, gli merita realmente il nome di Vagina arti- culata, e da vicino fa ricordare pur sempre la vagina stessa di una Cimex, o di una Nepa. Il labbro nei Coccus, diviene più corto che nei Dactylopius, e quasi cor- diforme; nei Lecanium, è più corto ancora, e vi manca l'articolazione trasversale; nei Diaspis diventa una borsa sferoidale (Tav. 3, fig. 5, 6, B. B. B.), scanalata al so- lito e con un ingrossamento mediano è che chiude la fessura di sotto. Le setole delle mandibule, e delle mascelle, uscendo di sotto al margine libero e volto all’ indietro del labbro anteriore, penetrano nel canale del labbro posteriore, dall’estremità più vicina base, e ne escono per l’ estremità più lontana dopo averne percorso la lunghezza (Tav. 1, fig. 2, e f, Tav. 3, fig. 5, 6).
Un pezzo mediano in forma di una lamina stretta e sottile piegata a modo di car- toccio anch'essa, e nel mezzo con una apertura allungata, si intromette dietro il labbro, fra le basi delle mascelle delle mandibule, al punto in cui esse confluiscono per avvicinare l’ origine delle setole fra di loro.
Questa parte (Tav. 1, fig. 2, g. Tav. 3. fig. 3, g), pare un congegno che come un imbuto può condurre, per l'apertura sua nell’ esofago, le materie salite in bocca fra le setole, ma più che il nome di lingua, il quale per alcune analogie si potrebbe proporre, meriterebbe forse il nome di g/ottide, se ormai l'uno e l’altro avessero nel- l’organografia degli insetti significato come in quella di altri animali. Noi la diremo infundibulo.
Nella larva, la bocca è come nell’ adulto, ma le estremità delle setole sono arre- state all'apice del labbro. Essendo esse però molto più lunghe del canale del labbro stesso, riescono piegate a mezzo fuori dall'apertura anteriore di quello, e formano un’ ansa, che discende lungo il ventre dell’ animale, spesso fino quasi all’ano (fig. 12, Tav. 1, e f). Nell’adulto il fascio delle setole buccali può talvolta essere retratto in parte, e formare di nuovo un’ansa, ma in generale è sempre sguainato e libero in tutta la sua lunghezza.
Si dice che le mascelle e le mandibule sono protrattili e penetranti; penetranti sono realmente ‘quelle delle Cocciniglie, e perforano la cuticola, spesso grossa e re- sistente delle piante per arrivare fino alla vena viva dell’umore, che scorre fra i tes- suti di queste; sono protrattili ancora, ma se non ci illudiamo, l’uscire o il rientrare nel labbro, non dipende da moti di questi organi lor proprii. Veramente la base trian- golare celata dietro al labbro anteriore, è munita di muscoli, che possono determinare in essa dei movimenti, e un animale rovesciato sul dorso agita così a destra e a sini- stra il fascio delle setole sue; ma questo non prova ch’ esse sieno ugualmente ritirate e sospinte, e non sembra che sottili e flessibili com’ esse sono, possano per mezzo del- l’impulso ricevuto alla base soltanto vincere coll’apice una resistenza considerevole. È probabile piuttosto che sostenute sul principio, fino alla punta dal canale del labbro, colla punta stessa si impegnino nei tessuti, e una volta prese fra questi, da loro soste- nute, per qualunque movimento generale del corpo si introducono sempre più adden- tro. Di suzione vera operata poi da questi organi non crediamo si debba parlare; e se il fluido della pianta viene fino alla cavità della bocca, questo può essere per ascen-
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sione del fluido stesso, per gli spazii capillari interposti fra le setole, lungo il fascio da esse formato, avvalorata probabilmente dagli stessi fattori, che ajutano la penetrazione.
In un genere singolare, le affinità del quale però sono tutt’ altro che chiare, (Margarodes) il corpo ha la figura di quello di un Diaspis giunto a perfetto inere- mento, ma da un punto della sua faccia sternale partono quattro filamenti, che si dicono tubulari (?), avvolti a elice sopra sè stessi, e pei quali si suppone che l’ anj- male sugga l'umidità, non da piante vive, ma dal terreno (1).
Le osservazioni sono troppo incomplete per giudicare; ma se accettiamo provvi- soriamente fra i Coccidi i Margarodes, quei quattro pretesi tubi ci ricordano le se- tole delle mandibule, e delle mascelle dei Coccidi stessi, sotto una forma particolare, e libere le une dalle altre, come talvolta per accidentalità in essi si trovano, e come sempre sono negli embrioni di tutti da prima.
Le zampe sono nel numero di tre paja in tutte le larve, negli adulti dei Coccus, e generi affini, nei Lecanium; mancano nelle Diaspis, e hanno forme o disposizioni particolari, a certi momenti della vita, in altri generi, di cui le affinità saranno meglio chiarite.
Quelle del primo pajo si inseriscono quasi all'altezza della bocca, le medie più in- dietro, a maggior distanza di quella per cui son separate esse medesime dalle posteriori.
Le anteriori sono rivolte in avanti ed in fuori nelle larve, nei Coccus, nei Dacty- lopius, e sì dirigono così anco nei Lecarium adulti; le medie e le posteriori si vol- gono in fuori, ma in questi ultimi, venuti al termine della deformazione o paramorfosi lor propria, si distendono indietro lungo la parte di mezzo del corpo, e quivi, come le prime al loro luogo, giacciono inutili e immobilizzate.
Nelle larve si compongono generalmente come negli adulti, essendo però più gros- sette e più brevi.
In esse ricorrono l’Anca, il Troncantere, la Coscia, la Zampa, il Tarso e per un momento vanno considerate.
Tutte queste parti sono, come in tutti gli artropodi vuote e tubulari. L’anca (Tav. 1, fig. 1 a. Tav. 3, fig. 10 ac), ha la forma di un cono a base obliqua verso la sua inserzione sul corpo, ed è continuata, o articolata in fuori con un prolungamento o apofisi stiliforme (fig. cit. a).
Per l’altro estremo è obliquamente troncata, e munita di denti e incavi nel mar- gine (ac), e si articola al trocantere (b), che è triangolare, con un lato o sezione libero, una articolata all’anca (a), l’altra unita alla coscia (c).
Questa è ellittica, compressa, terminata verso la gamba (d) da un margine in grossato con denti ed incavi (Tav. 3, fig. 11 c), e la gamba generalmente più sottile della coscia stessa, si articola da un estremo con questa, dall'altro col tarso (e), ora per tutta la sua sezione (Dactylopius, Tav. 3, fig. 7) ora per una sezione più stretta (Columnea).
Il tarso (e) è monomero sempre e terminato da un’unghia adunca (e'), che alla base porta spesso alcuni peli di forma speciale (Tav. 1, fig. 1, e Tav. 2, fig. 19 ab’).
(1) GuiLpING, An account of Margarodes, nelle Trans. L. Soc. 1833, T. 16. P. 1. pag. 115.
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Una coppia di stigmi è situata al davanti delle zampe del primo pajo, un’altra coppia è frale zampe anteriori e Je medie; gli stigmi si aprono direttamente al difuori nelle larve, nei Dactylopius, Coccus e in animali anco maturi di generi affini; nei Lecanium invece, e parenti loro, si aprono sul margine laterale per l’intermezzo dei canali o spiracoli, dei quali si è detto in altro luogo la posizione e l’ origine.
L'apertura è munita di un peritrema a forma di rocchetto, che è molto semplice e grossolano nei Coccus (Tav. 4, fig. 20), ma è più complicato sia nei Dactylopius, sia nel Lecanium e loro affini, poichè il corpo di mezzo diventa un tubo molto an- gusto, edi due estremi si allargano a forma di bocca di tromba o di imbuto, quasi sempre traforato elegantemente nella parete (Tav. 1. fig. 25. Tav. 4, fig. 19, 21).
Il condotto o spiracolo aerifero (Luft Locher Burmeist.), quando esiste, più o meno largo, più o meno lungo (Tav. 1, fig. 9, g' g'". Tav. 4. fig. 2. f), presenta nella sua parete degli organi secretori di materie grasse, che in breve studieremo da sè, ed alla sua apertura nel margine, alcuni peli spiniformi assai validi.
Gli organi genitali e l'intestino si aprono ad un comune orifizio nei Coccus, Dactylopius, Lecanium, ecc. e questo è situato nell’ estremo posteriore del corpo, in fondo alla incisione che ivi si trova, e che nei Lecanium, per l'ingrandimento dei lobi caudali e pel loro avvicinamento resta mlto discosto dal margine, e da quello che pare estremo deretano dell’ animale (Tav. 1, fig. 9, 1. fig. 30, 1).
A questo punto nei Lecantum fa capo una guaina nella quale scorre, per modo da uscire o rientrare, una papilla emisferica guarnita a certo punto di un disco o di un cerchio chitinoso elegantemente intagliato e forato, al quale si adattano alcuni peli speciali, che si raccolgono in un fascio o pennello quando la guaina è rientrata, o di- vergono in raggi quando essa è fuori uscita (Tav. 1. fig. 30. 1. Tav. 2. fig. 2. 1).
° Le aperture del condotto dell’ovajo e dell’intestino sono distinte nei Diaspis; e la prima si fa sopra, la seconda alla faccia sternale del corpo; quella in una fossetta im- butiforme, senza papilla, senza disco o altro organo particolare (Tav. 1, fig. 7, 13, 31, m), questa in una fossetta ovale allungata.
$ Db — Nel Maschio.
I maschi, la cui difformità dalle femmine è un punto capitale nella storia degli ani- mali di cui parliamo, sono minutissimi insetti a due ali, che per questo carattere, e pei bilanceri, di cui sono muniti, meriterebbero posto fra i Ditteri. Lasciando però ad altro momento ogni discussione in proposito, si conoscono quelli di poche specie, ed in molta oscurità è ancora la storia degli organi loro, e quella delle loro origini e tra- sformazioni. I più e meglio noti sono quelli del Coccus Cacti, del Coccus Adonidum (Dactylopius sp. nob.) di varii Aspidiotus (Diaspis Costa), quei di altri tre generi , due dei quali mostrano, nelle forme del maschio appunto, delle affinità molto strette (Dorthesia, Porphirophora), mentre il terzo ( Monophloebus) si allonana da essi, ed un quarto ( A/eurodes) per aver quattro ali, e per le sue forme generali evidente- mente si allontana da questi e dai precedenti, tanto da chiedere un luogo da sè nelle classificazioni. Sono noti i maschi di alcuni altri generi ancora (Callipappus Guerin,
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Pela nob., Eurycerus Guerin) ed a confronto mancano assai più le notizie sui ma- schi del genere Lecanium e affini suoi più vicini.
Noi non siamo stati più fortunati cercandone, e le nostre osservazioni sono cadute prima sul maschio di due specie ben distinte di Dacty/opius, una e l’altra comprese sotto nome di Coccus Adonidum Auct. e di altrettante di Diaspis, poi sopra quello del Coccus Cacti, dello stesso Callipappus del nostrò Pela, che una fortunata combina- zione, e l'altrui compiacenza ci ha permesso di studiare assai minutamente a Parigi.
Sommando le nostre colle altrui osservazioni risulta che il corpo può variare assai di apparenze. Così è fusiforme e stretto nei Dactylopius e nei Coccus, ma più nei primi che in questi; è molto ingrossato all'altezza delle ali nei Monophloebus; cilin- drico, un po’ ristretto fra il torace e l'addome nelle Dorthesia, nelle Porphyrophora, negli stessi A/eurodes (se pur si vogliono qui ricordare) è grosso e corto nei Dia- spis e nell’Eurycerus o Pela, voluminoso più che in qualunque altro nei Callipappus.
Contribuisce a dare il suo segno proprio alla forma l’ ornamento che stà all’ ul- timo dell'addome, composto da due lunghe setole nei Coccus, e nei Dactylopius, da due fascetti di peli brevi nei Monophloebus, da uno stilo unico nei Diaspis, nel Pela o Curycerus da un ricco fascio piumoso nelle Dorthesia, nelle Porphyrophora, e nei Callipappus, altrimenti in altri (1).
In tutti il corpo è manifestamente diviso in tre regioni: capo, torace ed addome. Pigliando esempj più comuni, la testa A (Tav. 1, fig. 14, 21, 28), nei Diaspis è sub- tr'cona, acuta in avanti, allargata in dietro, divisa quasi in due corpi uno posteriore più voluminoso, uno anteriore che si protrae fino a formare una fronte stretta sub- acuta, e questa pare anco bidentata molte volte, quando le parti si dispongono op- portunamente nella preparazione.
Se si supponga la parte anteriore tagliata obbliqua d'alto in basso, e davanti indietro, a scapito del segmento inferiore, sul piano che ne risulta, restano in- quadrate, se pur vi sono, le vestigia degli organi della bocca, gli occhi, e in avanti la base delle antenne, come può vedersi in un animale non anco perfettamente ma- turo, reso più trasparente per l’azione prolungata dell'etere e della potassa, seguita da quella della glicerina ( Tav. 1, fig. 14, 21 e 28).
Il torace B è nel suo complesso quasi pentagono, con un angolo indietro ed uno de’ lati in avanti, e visto dal tergo mostra due segmenti, uno anteriore B, fig. 28 (pro- torace) trasverso incavato ne’due margini più lunghi, uno posteriore B', in forma di scudo subromboidale cogli angoli anteriore e laterale rotondati, l'angolo di dietro più protratto ed acuto. Esso comprende realmente il mesotorace, e quanto si vede del me- tatorace (B'). Per quanto sia delle parti interne, rese trasparenti, un apodema ri- stretto (e ), è alla parte anteriore del metatorace, e più indietro un altro in forma di sbarra trasversale (e'’), che più in fuora riscontra, co’ suoi estremi, alcune minute
(1) V. BURMEISTER, op. cit. — CURTIS, British des Kermes qu'on trouve aux environs d'Aix, negli entomol. 717. — GUERIN MENEVILLE, Revue Zool. Ann. Soc. ent. frane. 1834, T. 2, pag. 201. 1841, pag. 129. — Borer FonscoLomBr, Descript.
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sclerodermiti, e a queste l’ala è connessa. Profondamente e più indietro si avverte una lamina reflessa 2"' che si porta in avanti di sotto, con due corna divaricate e con questa appunto lo scudo del torace si piega dall'alto al basso, e presenta una faccia sulla quale si appoggia l’addome. Dalla faccia sternale gli elementi del torace sono definiti dalla inserzione delle zampe. Le medesime parti si accennano nel torace dei maschi dei Dactylopius, ma più anguste, meno la prima o il tergo del protorace, che è più ampio e convesso.
L’addome, stretto, cilindrico ( Dactylopius, Coccus), o grosso e corto (Diaspis) si compone di otto divisioni anulari. Nei Dactylopius, nel Coccus Cacti, V'ultima parte è in forma di una breve papilla conica troncata all’ apice, cava nell'interno, e nella quale si accoglie un organo conoideo breve e minuto (Tav. 6, fig. 4). Questa è l’ar- matura genitale, ed è composta di due valve (c) di sopra, e due di sotto, più lunghe ed interne (b), e da un pezzo mediano e stiliforme (a), che sta contro le prime. Due lunghissime setole si trovano di qua e di là alla base dell'apparecchio. Gli stessi elementi danno nei Diaspis, nei Pela uno stile aceroso, composto di una guaina fessa o scannel- lata di sotto, e di un ago che si adatta alla guaina stessa (Tav. 1. fig. 14, fig. 19, 222), come la lama di un coltello da chiudere, al manico respettivo.
Fra i due denti dell’angolo anteriore della testa, nei maschi dei Diaspîs, sono due o tre peli; sotto, e al di fuori di essi due fossette d’onde procedono le antenne (Tav. 1,
g. 14, fig. 28 a), le quali sono in questo genere curvate in fuori, moniliformi, pelose lunghe quanto il corpo, e composte all'origine di due (e non di uno) articoli globu- losi, il primo più grande (a) e più irregolare del secondo (a'), che è minore ed è sfe- rico. Gli articoli successivi sono cilindroidi, decrescenti in lunghezza dal primo all’ul- timo, irti di peli, rigidi e ricurvi, e l’ultimo è terminato da una papilla conoide. Continua in tutta la lunghezza dell’ antenna, una trachea, e in ciascuno articolo si trova una massa verde, che ricorda la sostanza del tessuto adiposo del corpo, ed è circondata dalla polpa cellulosa, che finisce di empire la cavità degli articoli stessi.
La fronte è trasversale con quattro peli sul margine nel maschio dei Dactylopius, le antenne hanno 11 articoli, 1 primi dei quali sono più brevi e più grossetti dei suc- cessivi, ma non troppo diseguali fra loro.
Gli occhi dei Diaspis (Tav. 1, fig. 28 0), dei Dactylopius, dei Coccus(C. Cacti) sono nel numero di 4, sferoidali; di questi due sono marginali e anteriori, due sono più interni, e stanno dietro ai primi e di sotto, sporgendo sul piano della faccia obli- qua, colla quale, siccome abbiam detto, si può considerare terminata in avanti la te- sta. Due angoli orbitarii o canti sporgenti in fuori dietro i primi due occhi, possono simulare nel margine due occhietti minori. Nei Pele gli occhi sono più numerosi; nei Callipappus sono due, reticolati o composti. Della bocca non apparisce all’ ultimo ru- dimento alcuno nei Diaspis, per quanto la pupa ne sia provvista comela femmina, e ne conservi le tracce, quando spogliata la prima divisa, veste quella che l’ arricchisce degli arti; si mantiene al suo luogo un corpo sporgente nei Dacty/opius, e nel C. Cacti.
Le zampe sono sei, sottili e lunghe molto nei Dactylopius, più brevi nei Diaspis, e si compongono (Tav. 1, fig. 15) dell’anca (a), di un troncantere (b) assai distinto e globulare , di una coscia (c) ellittica, di una zampa (d) clavata sottile e pelosa.
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Il tarso nei Diaspîs, peloso anch’ esso, è di due articoli, uno discoideo e', brevis- simo, uno lungo e'' conoide terminato da un'unghia e'” un dente presso l’apice suo (Tav. 1, fig. 16).
Nei Dactylopius, nei Coccus, il tarso è monomero, e articolato fuori di centro, colla gamba sua.
Le ali larghe e rotondate nei Diaspîs (Tav. 1, fig. 14), sono più strette nei Dacty- lopius, con una sola nervatura quasi mediana, semplice prima, poi divisa; e la lamina
acuta e lunghetta, armata di
che le compone è scabra per minutissimi peli (Tav. 1, fig. 17).
La base dell’ ala, si articola al torace, al luogo dei piccoli ossetti preavvertiti, in corrispondenza dell’apodema trasverso (e' fig. 28), che sta davanti allo scudo. Vi sono due bilancieri (f), e si articolano ai lati dell'addome, o meglio di quella parte del torace che si avanza verso l’ addome; essi sono composti di tre articoli, dei quali il medio è il maggiore.
Il maschio e la femmina nelle specie dei generi, da noi studiati, sono da principio, o in istato di larva, perfettamente conformi; ma la larva del maschio nel venire allo stato adulto passa per delle fasi non identiche nei generi differenti, ed anco nelle stesse specie, per ora almeno riferite ad un genere solo.
Nei Dactylopius, nei Coccus, e pare anco nei Kermes, la larva del maschio di buon’ ora si chiude in un delicatissimo follicolo, che aderisce alla foglia, e qui dentro diventa pupa, o crisalide.
Una prima muta, fa perdere al corpo le antenne, la bocca e le zampe prime, e lascia l’ animaletto allungato, col capo, il torace e l'addome distinti, e con in avanti e sui lati, altrettanti tubi membranosi, più o meno sporgenti quanti occorrono per le ali, per gli arti, e per l'armatura genitale.
Perduto il tegumento primo nella muta detta di sopra, un tegumento nuovo o secondo pertanto limita il corpo, e si presta a queste espansioni, ma un terzo tegu- mento si forma dentro di esso, per circoscrivere il corpo medesimo, e gli organi esterni nelle loro condizioni e forme definitive.
1 Diaspis, in due specie diverse, offrono due modi distinti d’imbozzacchire. Nel Diaspiîs calyptroides Costa ( Aspidiotus Echinocacti Bouché), la larva del ma- schio, mobile prima e della forma di quella della femmina, si fissa come questa, e subisce una muta, dopo la quale rimane apoda e senza le antenne, e salvo l’ essere un poco più stretta e allungata, somiglia l’animale della femmina stessa, dopo la muta ch'egli subisce, e nello stato nel quale rimane di poi. Invece di cuoprirsi, però di uno scudo la pupa del maschio si compone, con filamenti finissimi e materia amorfa che vi riunisce, un follicolo depresso, lineare, carenato, aperto e libero a un estremo, col- l’altro aderente e chiuso, e coperto dalla spoglia della prima muta. Quivi entro la pelle seconda, che lo involge, l’animale produce sui lati i tubi distinti, entro i quali si organizzano gli arti. L’involucro apodo però rimane intorno di questo, per lungo tempo, mentre nei Dactylopius o non si forma o è rigettato sollecitamente.
Nel Diaspis Bouchei (.Aspidiotus Nerii Bouché) la larva del maschio si spoglia e si trasforma come la precedente, ma invece di fabbricare un follicolo, si ripone sotto uno scudo come quello della femmina, più sottile però, più delicato e argentino,
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e per questo facile a distinguere dove si trova. Le fig. 12, 7, 22, 21, 14 dimostrano le fasi successive delle evoluzioni del maschio di questa specie, ritenendo le fig. 12 e 7 per comuni al maschio e alla femmina nei primi tempi.
Non è facile procurarsi dei maschi dei Dacty/opius o delle specie di generi esoti- tici; facilissimo è invece ottenere quelli di alcune specie di Diaspis, almeno in stato di pupa; numerosissimi sono poi nella massa fibrosa della cera Pela, i maschii della specie, che dà questo pro:lotto. Alcuno ha voluto determinare un certo rapporto di nu- mero fra maschi e femmine, ma noi crediamo affatto illusorio qualunque conto di questa natura.
Si ha per concesso che 1 maschi compariscono più numerosi in autunno, e real- mente accade di trovarne allora più spesso assai, che in estate; ma nell'inverno i rami di un Cactus ( Phyllanthus) truncatus, le foglie di molte piante di Nerium, ci hanno mostrato numerosissimi i follicoli degli uni, gli scudi degli altri, coi maschi loro in istato di pupa, e non è probabile o che tutti questi fossero destinati a perire durante la men buona stagione, o che tutti dovessero essere indifferenti ai tepori di primavera, e passare pei caldi canicolari, prima di riuscire maturi e adatti alle loro funzioni (1).
CAPITOLO II. Del tegumento delle Cocciniglie e degli organi e prodotti speciali di esso.
Il discorso fin qui tenuto serve per dare idea della conformazione generale e delle parti esterne del corpo delle Cocciniglie, e senza por mente ai minori accidenti della forma generale di questo, quando dipendono da organi o da prodotti speciali e diversi, secondo le specie, secondo 1 sessi e l'età. Ma ora diremo di questi accidenti appunto, perchè il numero e la varietà loro è grandissima.
L’involucro comune nel corpo come negli arti, nelle larve come negli adulti, nei maschi come nelle femmine è al solito una membrana chitinosa omogenea; incolora trasparentissima nei corpi molli e carnosi delle larve in generale, poi in quelli degli adulti dei Coccus, dei Dactylopius, diviene grossa e rigida nei segmenti delle antenne o delle zampe in ispecie verso le loro giunture, sugli animali maturi, anco di queste forme, e assume per fatto proprio, o per una addizione di cui diremo, grossezza e con- sistenza di crosta nei corpi dei Lecanîum, Kermes, ecc. adulti.
(1) T'enendoci agli esempii di trasformazioni qui Non entrano poi nel nostro quadro le metamorfosi ricordati, perchè quelli sui quali hanno potuto spe- assai meno note degli Aleurodes e le vicende delle cialmente versare le osservazioni nostre, non igno- generazioni del Chermes abictis investigato da Leu- riamo che altre pure ne esistono, come quelle sul Dia- ckart, e delle quali abbiamo avuto notizia diretta dalla
spis conchiformis nob. (Coccus conchiformis auct.). cortesia dello stesso chiarissimo osservatore.
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Essa si protrae per formare i peli, rimane praticata da aperture dove sono impian- tati gli arti, o si trovano gli stigmi, e dove fanno capo altri organi minori che ven- gono da parti più o meno profonde.
La omogeneità si turba in non pochi casi (Rhizobium (1), Pulvinaria, Diaspis, ecc.) quando con disposizione per linee semicircolari, si vedono delle minute punte spor- genti, come più in grande sono nel tegumento di molti crostacei ed insetti ( Tav. 2, fig. 1), o delle strie che vanno secondo le parti del corpo trasversali, longitudinali, dritte o vorticose, in ultimo però normali sempre ai margini del corpo, girando sui quali, gli rendono finissimamente crenulati (Tav. 2, fig. 3).
Dipendono da questo tegumento organi differenti; e fra essi i peli della forma più ovvia di una sporgenza conoide, subulata, vuota nell’asse, o di forme speciali, sicchè si possono distinguere dei peli semplici spesso esilissimi, che si trovano sparsi pel corpo (Coccus, Dactylopius), o più lunghi e più rigidi, come quelli che rendono ispidi
gli articoli delle antenne, e delle zampe assai spesso (Tav. 1, fig. 15, 16, 27, 29).
. Meritano una menzione speciale i peli della papilla genitale, portati dal disco o anello chitinoso già descritto (Tav. 1, fig. 30 /. Tav. 2, fig. 2 /.), notabili per la lun- ghezza loro, per la tenuità delle pareti, e quasi sempre per la forma compressa; sono setole i peli assai rigidi e lunghi, che armano la convessità marginale degli anelli di alcuni Dacty/opius, e meno che nei Diaspis, in tutti gli altri i lobi caudali, e pre- caudali delle larve almeno.
I peli più radi o più fitti, assai numerosi spesso, altrevolte numerosissimi, e dispo- sti anco in più serie che si trovano sul margine di molti Lecanium nello stato ordi- nario o lecaniforme, differiscono dai peli marginali dei Dactylopius, perchè già sono di forma spesso particolare o di spine subulate (Philippia. Tav. 2, fig. 5), o di cilindri schiacciati, od anco denticolati, o palmati presso l'estremità (Lecanium Remisphaeri- cum nob. Tav. 2, fig. 4 p. m.), o di papille coniche, ottuse ( Columnea).
Bisogna riportare alla generazione dei peli certe squame sottilissime denticolate, o multifide (Tav. 2, fig. 3 #'), che si trovano al margine degli ultimi segmenti del corpo delle femmine dei Diaspîs, dopo la muta, o altri corpi (palee), più validi delle squame, più semplici, con una parte liberi, e qui rotondati, con un’ altra piantati a modo di cuneo nella grossezza del margine a lato delle squame stesse (Tav. 2, fig. 3 n).
Quasi sempre i peli, o le setole sono coperti da una materia che gli riveste, e ne fa parere maggiore e diversa dal vero la grossezza e la forma. Nei Dactylopius que- sta materia è granulosa e caduca, ma sui peli del margine dei Lecanium prende coe- renza e omogeneità maggiore, in modo da vestire di uno strato continuo l'organo sul quale si trova.
I peli spiniformi della nostra Philippia follicularis (2), lunghi da 0," 040 a 0," 043
(1) Per quanto non bene definito crediamo di ri- mirabile la differenza che passa fra la sua larva, il suo portare a questo genere una specie assai voluminosa, corpo in stato lecaniforme giovane, e poi in istato trovata con pochi esemplari in prossimità delle radici perfetto, quando l’individuo, formato dietro di sè un fol- di una Asperula. colo voluminoso bianchissimo, in questo parzialmente
(2) Trovasi questa specie sulla foglia dell'Olivo; è resta involtato, e depone numerosissime uova.
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e di 0, 008 di diametro alla base (Tav. 2, fig. 6), appariscoho corpi tubulari (fig. 5) terminati da una punta (a') conica e scabra, e di 0," 15 a 0, 16 di lunghezza per 0," 008 di diametro, perchè appunto di materia così adattata alla superficie del pelo (6) si forma un astuccio (a), che continuo in giro cresce sempre dalla parte inferiore dell’ organo verso la sua sommità, il deposito nuovo spostando l’antico (Tav. 2, fig. 5), come fa l’astuccio del corno sulla prominenza del capo ch’ esso riveste nei ruminanti.
In certe forme particolari, una delle quali è l'A/eurodes Phyllireae nello stato lecaniforme o di aderenza, nell’ A/eurodes Brassicae a questa medesima condizione (si ricordano queste specie dal punto di vista ora preso in esame soltanto, cioè per rap- porto a queste sorte di organi e di prodotti), il margine (Tav. 2, fig. 7, 8) è ornato di un’ elegantissima raggiera di lamine triangolari, sottili, depresse, la materia delle quali ha le apparenze e la natura di quelle dei rivestimenti di peli fin qui veduti. Ora sul margine stesso da cui dipendono i raggi si trovano delle piccole cellule poco o assai sporgenti, che rispondono ad essi, come le spine delle Philippia agli astueci loro.
Per veder queste cellule nei corpi neri ed opachi degli animali è mestieri trattar questi a caldo con un acido concentrato, 0 meglio di tutto coll’acido azotico, evitando l’uso dell’acqua, dopo fatta la preparazione, o meglio vale anco il dissecare degli ani- mali in via di mutare, poichè allora l'involucro, che sta sotto al più esterno e bruno, e si stacca da lui, è limpido e trasparente da sè (1).
Le Dorthesta(D. Chauracias) sono notabili per un indumento ricchissimo, il quale si compone di filamenti tubulari appressi a vicenda per formare masse fioccose (2); d’altra parte Claus parla anch'esso di tubi cavi o ricurvi di 0,” 002 di diametro col vano occupato dall'aria (8) trovati sul Coccus Cacti. Una specie di Cocciniglia ricca di colore come quella del Carminio, molto più piccola però, per quanto piena di uova, e quindi matura, del Messico anch’ essa, si è avuta pur noi alle mani, favoritaci dal signor Bassi, distinto collettore di cose naturali americane; anco questa Cocciniglia è vestita di bianco, e la sua veste si compone di tubi, i quali ricordano molto prossi- mamente quelli da Claus designati.
(1) Salvo che per l’Aleurodes Phylliree non siamo abbastanza chiari ancora sulla specie alla quale i corpi degli altri debbano riferirsi.
Una di queste forme è molto comune sulla faccia inferiore delle foglie del Vidurnum Tinus, che è attac- cato e danneggiato moltissimo anco da una specie di Thrips; un altra, della quale ora si deseriveranno gli organi esterni, è propria anch'essa della Phyllirea latifolia.
Il contatto dell’acqua dopo la reazione degli acidi muta fisicamente e chimicamente lo stato della Chitina, e le fa perdere la trasparenza e la forma che aveva da primo.
(2) Queckett ha illustrato la composizione della massa fibrosa della cera Pela o della China, che ri-
sulta anch'essa di filamenti tubulari, ma come la fem- mina è crostacea e nuda, e i maschii sono numerosis- simi nella massa medesima, non pare probabile che i filamenti tubulari abbiano a dipendere dalla femmina stessa. — V. QuecKETT, On the struct. of the white filaments ourronding the so called Mealy Bug.nelTourn. of microscop. science, 2 ser., T. 6. (1858). In forma di lunghissime e sottilissime lamelle, che la potassa al- larga assai, e la ebullizione fa sparire, è la materia che compone i bianchi e rigidi fiocchi caudali dei ma- schi del Callipappus Westwodiî. La lunghezza di questi fiocchi maggiore di quella dello stesso animale può essere da 0,15 a 1,90. (3) CLAUS, Opera citata.
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Con buona pace di quest'ultimo però la Cocciniglia tintoria del commercio, bene inteso quella che per altri riscontri convincentissimi si conosce esente dalle alterazioni, cui in molti casì la sottopongono i raccoglitori, e i mercanti, non porta tubi come questi, se non rari verso i margini e verso le parti posteriori; e probabilmente vi è un equivoco nei designare la specie, sulla quale le sue osservazioni sono cadute. Tor- neremo altrove su questo proposito; frattanto nella Cocciniglia particolare da noi ve- duta, e che daremo per ora col nome di C'occus Bassi, tutto il corpo denudato della sua veste bianca è irto di minuti organi piliformi ingrossati alla base, cilindrici poi e tronchi nell’apice (Tav. 2, fig. 9, 0), lunghi da 0,'' 014 a 0," 022, avendo 0," 0057 a 0, 0100 di grossezza, e nella base 0," 0090, e i tubi della villosità dipendono da questi come i già veduti dalle spine delle Philippia, solo che i tubi medesimi sono lunghissimi a proporzione dei peli, che son molto brevi.
Così dipendono da organi simili nelle forme, sebbene maggiori, i tubi delle bianca e ricca veste delle Dorthesia; e così da organi filiformi di 0, 023 di lunghezza so- pra 0,005 (T. 2, fig. 10) di diametro, particolari per un ingrossamento sferoidale alla base, e per l'apice loro troncato, dipendono dei lunghi tubi estensibili, elastici di 0,''05 a 0," 006 di diametro (Tav. 2 fig. 13), contenenti, formata in due cilindri paralleli, una materia friabile (a a), che si trovano nell’area angusta, per la quale aderiscono alla scorza della pianta ove stanno, i corpi globulari dei Kermes. Se i peli diverranno brevissimi e incassati in una foveola chitinosa, che circondandoli, discenda più o menò a fondo sotto la superficie esterna del corpo, ne vengono gli apparecchi a prima vista singolari (.Î'av. 2, fig. 14, 17, 13 a a)-entro i quali sul tergo delle Philippia prende forma di corpi tubulari, e di fiocchi bellissimi una materia congenere a quella dei raggi degli Aleurodes e degli ornamenti diversi degli animali sopra indicati.
L'apertura della foveola che circonda questi peli incassati, di cui ora si parla (Tav. 2, fig. 17, 18 8’), ha da 0,” 01a0," 02 di diametro, e tanto è la base del pelo (a) che vi sta dentro. La lunghezza dei tubi che escon fuori può essere indefinita, e la grossezza dipende dalla capacità della forma in cui sono modellati.
Questi apparecchj e i prodotti loro si trovano in due serie parallele alla linea me- diana sul tergo delle Philippia, da principio all'ultimo durante il loro stato di fissità, e fin sulle larve, ma i prodotti, cioè i fiocchi, brevi da primo (fig. 14 8) lunghissimi poi, si perdono in ultimo sull’adulto.
Ai lati di questi apparecchj poi ne stanno, pure in serie, altri minori (Tav. 2, fig. 18 8'), il prodotto dei quali è un tenuissimo filamento, e ne parleremo più tardi. Benchè si formi in tutti i casi un rivestimento intorno ad una sporgenza del tegu- mento comune o ad un pelo, non si potrebbe ritenere che la materia fosse separata da tutto l’&mbito del corpo ch’ essa riveste, poichè nei raggi o fiocchi tergali delle Philippia, come nei tubi delle Dorthesia o dei Coccus, chiaro è che la materia medesima prende alla base dell’ organo la forma sua, ma poi cresce di continuo, spinta sempre più avanti. Ora appunto si vede nei raggi e nei peli descritti, un ristringimento della base loro, ed una fossetta circolare intorno, che è la sede nella quale sembra che la secrezione si accumuli sempre (Tav. 2, fig. 6 c, fig. 18 c).
La materia di tutti questi raggi, fiocchi, indumenti è sempre di una stessa na- 4
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tura; insolubile nell'acqua, appena solubile nell’ alcool, più solubile nell’etere, fusibile ad una temperatura inferiore a quella dell’acqua bollente, è insomma una specie di cera che quanto all’origine e a queste proprietà corrisponde con la cera Pela (1).
Sui corpi minuti e lenticolari di un’ altra specie, della quale non conosciamo che lo stato aderente o lecaniforme, propria, anch'essa delle Phy/Zrea e assai rara, si trovano altri peli piantati dritti a distanza regolare, cavi, articolati poco sopra la base termi- nati, con un estremo allargato ed escavato, dove si accoglie, con effetto di leggia- drissime apparenze del tutto, una goccioletta di umore’ vischioso (Tav. 2, fieno fig. 12, a-b).
Questi peli ricordano quelli di alcune piante, e in queste si direbbero glandulosi.
Altri poi riconducono sugli insetti degli organi che sono più comuni negli Aracnidi e specialmente negli Acari, e sono i peli che si trovano alla base dell'unghia in cia- scuna zampa delle femmine, sottili prima, allargati poi nell'ultimo estremo, a guisa di tromba od imbuto. Appartengono tanto alle larve che agli adulti, sono per lo più quattro ad ogni zampa, due superiori o dal lato radiale più lunghi, due inferiori più brevi, e colle loro trombe più larghe dei primi (Tav. 2, fig. 19, a-d).
Filiere. Riduciamo sotto questo nome una serie di organi cutanei, rappresentati da sporgenze piliformi, da ingrossamenti anulari, da semplici pertugi dell'involucro chitinoso, dipendenti or più or meno chiaramente da alcun elemento dell’ipoderma, ed il prodotto dei quali è quasi sempre un filamento sottile destinato ad usi diversi.
Particolari sono fra le altre quelle che fanno sporgenza in una larga zona sub- marginale sulla faccia ventrale di unas specie, che vive sopra i Mesembriantemi (M. acinaciforme) cd è molto prossima a quella, che passa col nome di Coccus Vitis che anch'essa ne porta, e di una nostra specie di Lecanium (L. hemisphacericum (2)). Queste presentano una spina tubulare (0) incurvata, articolata a una certa altezza, impiantata per la base al centro di una placca (a) subemisferica, percorsa da strie ra- dianti, e cui sta sotto un grande otricolo (c) con un nucleo (c') e molta materia gra- nulare subtrasparente (Tav. 2, fig. 24, 30). Il diametro delle placche è di 0,010 a 0,015 nel Lecanium hemisphaericum, è alquanto minore le placche delle specie di Coccus, per ora come taliaccettate, e ricordate di sopra; il tubo che ne emerge lungo in queste circa 0,7 028, è 0," 010 a 0," 015 nel Lecanium pur qui nominato.
(1) La materia della cera Pela, prodotto della Pela cerifera. 0 Curycerus Pela, è stata argomento di stu- dio più volte. — V. Bropir, Philos. trans. 1848. — HANxBURY, Pharmaceutical journ. 1353. — QuECK. 1. cit. Westw. Gardners Chronicle 1853. p. 182. — Ju- LIEN, Comptes rendus, 1840. — Tare. Tozz. Atti R. Accad. dei Georgofili (Continuazione). T. 13. (1866).
(2) Questa specie, altre volte nominata, benissimo caratterizzata in tutti gli stadii, ho trovato copiosis- sima sulle foglie e i rami di alcune Bletia, e di alcuni Phyllarthron del giardino del R. Museo di Firenze;
l’ho trovata poi sulle stesse piante, sopra delle Cica- dee, delle Palme in altri Giardini.
Il corpo è all’ ultimo semigloboso e color can- nella. La descrizione analitica sarà data nella seconda Memoria.
L'altra specie qui indicata si è trovata sopra le foglie carnose di una specie di Mesembriantemo. Costa ne farebbe il suo Calypticus spumosus, ma i carat- teri organografici, e le vicende dell'animale obbligano a farne un genere, che dal guancialetto sul quale ri- posa alla fine, si denomina da noi Pulvinaria,
STUDII SULLE COCCINIGLIE DI
In origine le placche non hanno nè la consistenza nè l'aspetto col quale si vedono poi, e cominciano a formarsi per un’ adunata di corpuscoli, che si fa al segmento della cellula alla quale rispondono, mentre il contenuto della cellula stessa nel resto è ric- ‘chissimo di granulazioni disgregate. Nel Lecanium hemisphaericum non è tanto ap- parente l’ufficio di questi apparecchi, ma nelle Cocciniglie della Vite e del Mesem- briantemo esce dall’ estremo di loro un filo di quella materia che compone il deposito bianco sericeo, che ha fatto chiamare spumeggiante (Calypticus spumosus) da Costa appunto il secondo.
Vi sono poi grandissimi (0'',0095) alcune volte (Coccus Cacti) altre volte minù- tissimi e appena di 0,003 (Dactylopius, Coccus Bassi), dei corpi o isolati o riuniti in gruppi di 2 a 10 o 12, composti ciascuno di un anello chitinoso (0), grossetto, ri- levato, il quale circonda un disco centrale depresso (c), e su questo compariscono in giro, con molta regolarità, 5 o 6 punti pellucidi, lasciando un punto scuro e stellato nel mezzo (Tav. 2, fig. 28, 29, 33).
Trattando gli animali opportunamente, e soprattutto le Cocciniglie ( Coccus Cacti) prima aperte, e con discreta macerazione nell'acqua e lavatura successiva purgata, si trova sotto Îl tesumento chitinoso, frai tessuti, ma in corrispondenza di questi organi esteriori, un corpo o un aggregato di più corpi bursiformi sferoidali (44), a membrana tenue e contenuto granuloso traslucido (Tav. 2, fig. 33).
Claus ha descritto questi organi studiati sulla Cocciniglia, che egli ha dato per Coccus Cacti vivente, col nome di por? coacervati (Poren gruppen), ha riconosciuto il primo le cellule bursiformi (Schlauch hornigenzellen) dipendenti da essi, e le ha paragonate alle glandule unicellulari scoperte da Stein, descritte da Leydig nei Co- leotteri (Kafer), dichiarando com’ egli pensi che queste cellule sieno il laboratorio (Werkstatten) dove si compone la materia, e l’orifizio 0 il poro lo strumento in cui questa prende la forma dei tubi, che egli ha descritto.
Ora per noi la cosa è meno chiara poichè quei tubi ci sembrano pei due fatti delle Dorthesia e del Coccus Bassi e per gli analoghi dei raggi e dei fiochi delle Phi- lippia, non tanto in relazione coi pori coacervati, e le cellule loro, quanto coi peli tronchi, a base ingrossata, e circolarmente escavata, pei quali il corpo denudato degli animali è fatto aspro, e che mancano o sono rari, quando almeno sono in istato di maturità, nelle Cocciniglie vere del Messico.
Organi nell’apparenza simili a questi si trovano intorno alla fovea anale sul tergo delle Diaspis di certe specie, ed ivi sono ora dispersi in una corona semicircolare intorno all’ apertura indicata (Diaspis Bouchei nob. Aspidiotus Nerii Bouch6), ora raccolti in cinque conglomerati uno anteriore e quattro sulle parti di 16 a 20 a 25 cia- scuno (Diaspis calyptroides Costa, Asp. Echinocacti Bouchei) (Tav. 2, fig. 23).
L'essere isolati e non coacervati distingue da questi organi quelli altri, che si tro- vano a lato dei maggiori descritti sopra, e disposti in serie sul tergo delle Philippia. Questi (Tav. 2, fig. 18 d' 8'), mostrano di fuora anch'essi un cerchio intorno ad un disco pertugiato nel centro, e dall’estremo interno alcune appendici, che probabil- mente indicano relazioni non per ora scoperte coll’ipoderma. Sono poi di costruzione e natura conforme gli altri affatto simili, ma più minuti che si trovano lungo il mar-
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gine posteriore di ciascun anello, sulla faccia ventrale dell'addome dei Dacty/opius, o alla base delle loro setole marginali.
Il corpo della nostra Columnea testudiniformis è di fuora diviso in un certo nu- mero di scudetti depressi nel mezzo, da cui le apparenze che persuasero al Costa di dividere i suoi Calypticus (Lecanium) in due serie, Monaspidea e Polyaspidea.
Nessuno ha dubitato che cotesti scudetti non fossero delle divisioni proprie delle parti esterne dell’animale, cioè del suo tegumento, e Costa anzi vide in ciascuna delle depressioni loro uno stigma. Ma il fatto è che essi compongono una crosta cerosa al- l’esterno del tegumento medesimo, e che la massa formata da siffatta crosta ragguaglia in peso alla metà e più del corpo dell'animale, quando è seccato.
Staccata la crosta, il tegumento chitinoso si vede nudo, subtestaceo, rosso sangui- gno, rilevato in nove cupolette emisferiche, leggermente depresse nel mezzo, cia- scuna; la cupoletta centrale è più grande e si solleva più delle altre, alla fine, quando l’animale è maturo (T. 1, fig. 8, 10). Ora il tegumento crostaceo in corrispondenza delle sue cupolette, e delle tesselle cerose che le ricuoprono è per tutto sparso di per- tugi minuti di 0,” 001 di diametro, aperti nel mezzo di un anello di 0,004, che a sua volta ha intorno un ingrossamento più largo (Tav. 2, fig. 26, a).
Ad ogni pertugio risponde l'estremo superficiale di un tubo di 0,“ 0010 a 0,"' 0015 di diametro lungo da 0,"'008 a 0,010, che si divide, nella profondità dell’ ipoderma, in un fascio di ramificazioni numerose, e in proporzione tenuissime (Tav. 2, fig. 26 5).
La continuazione o connessione di questi tubi ramificati con altri organi, e pro- babilmente con delle cellule, sfugge all'occhio, poichè per vedere, a traverso il tegu- mento colorito ed opaco, è mestieri agire sul tegumento stesso spogliato della crosta con acido azotico che disperde gli organi più delicati (1).
Operando però sopra animali giovanissimi, si vede infatti che ogni pertugio ri- sponde a una cellula ipodermica, piena di granulazioni minute, fra le quali il tubo e le sue ramificazioni si insinuano.
Di pertugi circondati pur da un areola, ma dei quali non si vedono le relazioni coll’interno, e non si trovano sull’animale maturo prodotti secreti, è praticato il te- gumento 1. Rhizobium (Tav. 2, fig. 35 f).
Il tergo dell’ A/eurodes Phyilypcae e di quell’ altra forma, che trovasi sul Vidur- num T'inus sono sparsi il primo di una materia cenerina, che la ispezione microscopica risolve in una moltitudine di piccolissime trabecule (Tav. 2, fig. 16), l’altro di due massé di fiocchi candidissimi.
(1) Ultimamente abbiamo avuto per la compia- cenza del signor Blanchard e del signor Guerin Me- neville la occasione di esaminare alcune delle Cocci- niglie da cera riportate dal Brasile da Geoffroy St. Hilaire e designate da Chavannes coi nomi di Coccus Psidii, G. janeirensis, ece. (Ved. Ann. Soc. ent. frane. Ser. 2. T. 6). In queste forme la crosta non è divisa in teselle distinte, è grossa poco meno o poco più di
un millimetro, giallo-crocea, dura, friabile, spugnosa, e non omogenea; fonde al calore, brucia con fiamma gialla fuliginosa, e spande odore di Lacca. Per quanto la materia sia così diversa da quella della no- stra Columnea, gli organi che la producono si ridu- cono pur sempre a dei pertugi assai larghi, i quali comunicano con tracce interne di tubi che poi si rami- ficano.
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La materia di questi prodotti è sempre materia cerosa, ma gli organi si riducono a pertugi, dei quali si dà idea per l’A/eurodes della Fillirea nella nostra fig. 21 (ff), mentre sono meno numerosi e più grandi per la specie che sta sul Viburno.
La Cimice degli agrumi di De la Hire (Lecanium hesperidum nob.) porta lungo il margine dei lunghi e rigidi peli cristallini, 1 quali escono dal mezzo di una grande areola che circonda un orifizio ed un tubo centrale (Tav. 2, fig. 27). Il filamento pi- liforme non è un vero pelo, ma un cilindro ceroso, e secreto dall'organo ora descritto. Finalmente la Cocciniglia del Messico, i Dactylopius, sono, anco nei maschi, cospersi di una materia pulvurulenta, grigiastra come quella dell’ A/eurodes detto di sopra; ma qui la materia stessa si compone di altrettanti tubi di 0,"05 di diametro, la cui parete è formata da un tenuissimo filamento che si avvolge quattro o cinque volte a elice.
Di questi prodotti non appariscono, per quanto non possano mancare, gli organi generatori.
Origine particolare, e nessun prodotto esteriore, hanno poi i pertugi dai quali sembra praticata la cute, o il tegumento crostaceo dei Lecanium.
A vederlo in piano o in sezione verticale in diverse specie (ZL. Oleae, L. hemi- sphacricum, L. depressum (1), il tegumento par composto da uno strato di grandi cel- lule separate da grossi setti intercellulari, e più da un tessuto vegetabile che da un tessuto animale (T. 2, fig. 31, 32, 34).
Nel L. Oleae (T. 2, fig.31), queste cellule sono a grossa parete (a) subprismatiche di 0,'080 a 0,064 di diametro, o più compresse, più strette, più alte, secondo che corrispondono agli intervalli o ai rilievi di cui fa mostra la superficie tergale, spe- cialmente negli animali non per anco maturi. Queste cellule sono distinte fra loro, ma son poi cementate da un abbondante deposito di materia intercellulare (0).
In alcune varietà della specie, le cellule prendono forma un poco diversa; nel L. hemisphaericum (Tav. 2, fig. 34) sparisce ogni distinzione di parete propria delle cellule, e si vede solo una lamina continua qua e là perforata non senza regolarità da aperture circolari a margine acuto e di 0,7" 030 a 0,7’ 040 di diametro. In altre (£. lae- vis, L. hesperidum , auct.) la lamina è molto più tenue, e le aperture o cavità cellu- lari sono stretti pertugi, e così anco nei ermes. Uno strato continuo passa sopra questo strato di cellule, ma si attenua molto di contro a ciascuna, onde ne vengono le apparenze delle interruzioni e dei pertugi quando si guarda in projetto. Le cellule son piene di una materia granulosa, che dà il colore allo strato, e in mezzo ad essa trovasi visibilissimo un corpo sferoidale, od un nucleo voluminoso.
Venendo a considerare queste disposizioni e l’origine loro, il tegumento dei Le- canium che le presentano è semplice da principio come quello degli altri insetti e de-
%
(1) Anco questa specie è nuova e l’ho trovata so- del corpo, che è poi dei più grandi fra gli altri; potrebbe pra parecchie specie di fichi esotici, e sopra altre piante dirsi anco ovato, o atro-purpureo se si guardasse alla a foglie coriacee, coltivate nelle stufe del Giardino del | figura della sua faccia aderente, o al colore.
R. Museo di Firenze. Il nome è preso dal poco rilievo
30 AD. TARGIONI TOZZETTI,
gli altri Coccidi in particolare, e non è celluloso così; cuopre però uno strato di cellule minute, fitte, aderenti, le quali compongono un ‘poderma distinto. Ora a noi pare che questo ipoderma e l'involucro chitinoso coalizzandosi dieno la disposizione quale si è vista, e che colla rassegna delle specie nella seconda memoria dimostreremo anco in altre. |
CAPITOLO III.
Del sistema ipodermico, adiposo e muscolare.
$ a. — Dello ipoderma e del tessuto adiposo.
Lo strato ipodermico, che poi immedesimato colla veste chitinosa esterna, dà le apparenze trovate nel guscio crostaceo dei Lecarium, non è parte di organismo esclu- sivo di loro. Corrisponde evidentemente ad esso uno strato di minute cellule molto ricche di globuli coloranti, che si trova sotto il tegumento omogeneo della Cocciniglia tintoria del Messico, e che probabilmente si trova altresì sui Dactylopius, le Porphi- rophora, ecc. sebbene questo strato e i suoi elementi non sieno l’unico laboratorio della materia del colore. Certo è poi che appartengono allo strato medesimo o risiedono in esso le cellule bursiformi dei peli filatori del Lecanium hemisphaericum (Tav. 2, fig. 24, 30 c), della Pulvinaria del Mesembriantemo e della Vite (Coccus vitis auct.) (Tav. 2, fig. 29), o delle filiere dei Coccus-(Tav. 2, fig. 33 d dì).
Lo strato ipodermico si distingue male dal tessuto adiposo nei giovani animali, dei Diaspis, specialmente in via di trasformazione. Si trova infatti sotto 1’ involucro chitinoso continuo di essi, una distesa di corpi sferoidali di 0,015 a 0," 020 di dia- metro, che sì toccano a vicenda in più punti, e formano delle serie ramose distribuite in guisa da corrispondere più o meno esattamente alle divisioni anulari del corpo. A principio sono cellule con membrana distinta, nucleo ben chiaro, e granuli sparsi in una materia fluida incolora (Tav. 3, fig. 8). Di poi la membrana delle cellule spa- risce e si trovano dei conglomerati sferoidali di una materia viscosa traslucida, entro la quale sono imprigionate delle granulazioni colorate di verde. Più voluminosi, più disgregati questi elementi si trovano in altre specie (Pulvinaria) (Tav. 3, fig. 2 a a' aa).
Nella Cocciniglia del Messico disseccata come si ha, trovansi sparse fra i visceri, e in origine certo collegate fra loro, altre cellule voluminose (Tav. 3, fig. 2 è 60"), piene stivate di corpuscoli, e corpuscoli sparsi, che altro evidentemente non sono se non che la materia medesima del Carminio, che si trova poi pronta a sciogliersi e do- vunque infiltrata, e che se in questa specie, o nel nostro Coccus Bassi è copiosa, e splendida pel suo colore, non manca in altre del tutto, segnatamente nelle nostre Co- lumnea, nelle nostre Philippia, nel Coccus Fabae, Guer. ecc.
Fra i Kermes ve ne sono dei coloranti e per questo richiesti in commercio e usati nelle arti (Kermes Ilicis), ed altri che non godono di questa facoltà; noi non abbiamo
STUDII SULLE COCCINIGLIE S1
avuto da freschi i primi, ma nei secondi, di cui una specie è comune assai, tutte le parti interne sono subfuse di color violaceo, il quale attesta la facoltà colorante ma limitata e scarsa all’uopo industriale. Anco in queste specie però vi è un ipoderma, e vi sono cellule sparse, nelle quali si trovano le condizioni dette di sopra. Per la forma e per la posizione loro queste cellule sparse, e ricche dei corpuscoli coloranti o variamente colorati sono nelle specie diverse come nella Cocciniglia vera, altret- tante cellule adipose dove la materia grassa è ora si ora no colorita, parere questo che si combina con quello di Claus (op. cit.), il quale riconosce che il Carminio è do- vuto a corpuscoli senza membrana, di diversa grossezza, e di varia intensità di colore, contenuti entro cellule, nelle quali si ritrova anco il nucleo (1).
$ b. — Dei muscoli delle Cocciniglie.
Le cose dette fin qui mettono in chiaro che da una parte i maschi vengono alla conformazione ordinaria degli insetti completi e perfetti, e che le femmine corrispon- denti rimangono più o meno addietro nella via della perfezione, sicchè alcune nelle forme sono all’ultimo come da principio, altre perdono la forma, ma conservano la composizione, cioè gli organi esterni, ed altre perdono qnella e questi, rimanendo meno che per la bocca, destituite degli arti.
Mentre dei muscoli dei maschi diremo poi quel che si può, per dire di quei delle femmine ora prendiamo a modello il corpo di quella di un Coccus (Ci cacti), nella quale realmente sono più apparenti le disposizioni, che sono poi essenzialmente comuni al Dactylopius, ai Lecanium, ai Kermes ed ai generi affini. Prenderemo poi una Diaspîs per termine comune degli animali, che soffrono più profonda mutazione.
Per facilitare lo studio, e renderlo anco di maggior frutto intanto, confronteremo le disposizioni dei muscoli delle Cocciniglie con quelle che tali organi banno in altri insetti giù studiati da questo punto di vista, avvertendo però che i corpi delle Cocci- niglie pediculiformi (anoplouriformi) o pupiformi come sono, non possono in tutto corrispondere con quelli vermiformi delle larve studiate da Lyonnet, da Cornalia, da Lubbock, o con quelli degli insetti perfetti studiati da Strauss.
I muscoli del corpo formano un sistema tergale, ed uno ventrale (Lyonnet) (2).
I primi nel Coccus Cactà (è facile ripetere l'osservazione sulla Cocciniglia rammol-
(1) In oggi che la malattia del baco da seta fa maturano mai, e si distinguono pel colore verde gial- guardare tanto ai corpuscoli vibranti, che ne sono il lastro. fatto anatomico più importante, merita di essere av- Altre volte il corpo dei Coccidi è occupato da una vertito come spesso si trovano i corpi di certe spe- « 0 due larve di Imenotteri parasiti, che rispettano i cie di Cocciniglie, e per noi della Pulvwinaria del visceri, ma consumano ogni altro tessuto. Spesso poi Mesembriantemo sopra tutto, pieni di corpuscoli li- si. trovano degli individui, specialmente invecchiati, beri, che, salvo l’essere un poco più voluminosi e i quali contengono delle masse biancastre granulose, più tumidi, ricordano quelli del baco da seta mede- di una materia grassa, che ricordg la colesterina. simo. Gli animali, che gli contengono divengono più (2) Traité anatom. de la Chenille qui ronge le bois
gonfi, ma non crescono quanto gli altri, e forse non de Saule A’ la Haye 1760. ed. 2.° 1762.
32 AD. TARGIONI TOZZETTI,
lita, vuotata e ben lavata di poi) come si vede nella nostra Tav. 3, fig. 3 in A, B, formano due ordini, che pajono comuni anco alle larve vermiformi. Più in particolare poi cominciando confusi insieme nell’ultimo anello del corpo (XI) si dividono per ogni lato in due colonne longitudinali, curvate concentricamente, separate fra loro da certa distanza, ed in questo sarebbe difficile di non vedere i molto prossimi rappresentanti dei fasci A B C D di Lyonnet (1,2, 3, Lubbok). Il significato dei fasci G-? è forse determinabile, confrontando questi con gli elementi dei piani muscolari più superfi- ciali D E F G di Lyonnet, o anco coi fasci V! V? V° ripetuti però nei primi anelli del corpo ed in altri più indietro.
Il sistema sternale (Tav. 3, fig. 1) può essere diviso in due parti; una cefalotora- cica, che si riferisce agli anelli dal primo in avanti fino a quello che porta le terze zampe (VI), una addomidale da questo anello all’indietro. Questa comprende quattro grandi corpi muscolari A' B' che muovendo due per parte come quelli dei muscoli dorsali, dall’ultimo anello vanno in avanti verso il torace. Due di essi più lunghi B' e più interni, salendo ai lati della linea mediana vanno a far capo dietro l’apodema sternale dell'ultimo anello toracico; due più esterni A', muovendo dalla stessa origine dei primi, vengono più in fuori, laddove appunto ha luogo la inserzione delle ultime zampe.
I due corpi muscolari mediani, dal punto al quale si sono arrestati, convergendo uno verso l’altro, riprendono nel torace, sul V e sal IV anello (D' D), il loro corso, fino a un grosso apodema sternale (a) che sta immediatamente dietro la bocca; oltre il quale la disposizione muta troppo per poter dire che certi elementi occupino piuttosto una parte che un’ altra.
Dalla bocca in avanti poi si dirigono verso la fronte e la base delle antenne dei fasci lunghi, isolati, sottili, secondati da altri più obliqui e più esterni C.
Per ciascuno anello dell'addome, dai muscoli del sistema sternale si parte un lungo fascio obliquo G' G' G' che va infuori. Confrontando questi muscoli con quelli de- scritti da Lyonnet, è chiaro che in tutta la parte posteriore agli anelli toracici, cioè per tutta la ragione dell'addome in essi ricompariscono essenzialmente i fasci a, b, c, d, del celebre osservatore (Ved. op. cit. Tav. 7, fig. 1), e che in questa regione una parte dei muscoli sono disposti, pei nostri animali, come sono sulle larve vermiformi mede- sime. Non sarebbe facile però di determinare la corrispondenza dei fasci obliqui c, c, ora descritti se non si accettasse di assimilarli o coi fasci 6' 6° g? c' e*e° e Lyonnet (fig. cit.), o colla somma di tutti gli altri muscoli obliqui o trasversi della *regione mediana del ventre. )
Dalla inserzione delle zampe, muovono indentro, seguendo più o meno obliqui il margine posteriore del più vicino anello toracico, alcuni fasci, che figurano così quasi trasversali, la cui equivalenza parrebbe essere coi fasci 6, v, è, (Lyonnet, Tav. 7, fig. 2,5); al punto poi dell’impiantamentò delle zampe pur sempre, e degli stigmi con- vengono di fuori fasci liberi, E E' E", che derivano dal sistema dorsale, e fasci della faccia sternale, sicchè la base delle zampe è un centro d'onde irradiano muscoli in tutte le direzioni, l'apice di un cono, di cui la base è rivolta in alto, di cui i fasci dise- gnano la superficie, e l'apice è in basso tendente al cavo dell’anca.
STUDII SULLE COCCINIGLIE 39
Se non impossibile, difficile certo e di poco vantaggio sarebbe tener dietro alla origine e direzione dei muscoli, che vanno alla bocca, e che in complesso rappresen- tano probabilmente i fasci a b c, E, ecc. Lyonnet.
Di dietro ne partono dal grosso apodema rammentato or ora, e molti muscoli pro- prii prendono origine dai robusti e molteplici apodemi, ai quali si appoggia il labbro anteriore; entrano nella regione buccale, vanno alle basi triangolari delle mascelle, e delle mandibule, all’ infundibulo, ecc. Altri muscoli poi si confondono con quelli poc'anzi descritti, e, ditetti od obliqui, vanno al contorno del segmento anteriore del corpo.
Il sistema dei muscoli sternali dei Lecanium non presenta, come si è avvertito prima, differenze essenziali di distribuzione a confronto di quello dei muscoli dei Coc- cus o dei Dactylopius, e il sistema dorsale benchè ridotto ad assoluta inutilità per la rigidezza del tegumento non manca per questo.
Non siamo in caso di dire come sieno i muscoli degli iride in stato lecani- forme, e di quelle altre specie di animali portate innanzi trattando della pelle, parti- colari per l’atrofia, o per la perdita assoluta o per delle disposizioni proprie delle zampe, poichè il guscio, in loro colorito ed opaco, impedisce di vedere, senza usare reattivi, che naturalmante alterano e distruggono i tessuti più molli.
Nei Diaspîs (D. Boucheî) (Tav. 3, fig. 14), la soppressione delle zampe ha con se la mancanza dei muscoli relativi, ma rimangono colle solite disposizioni i muscoli lon- gitudinali del dorso. Si rende poi molto complicata la disposizione dei muscoli obliqui o trasversali, nei quali è mestieri di scorgere gli equivalenti dei muscoli C, F, G, dei Coccus, o dei fasci obliqui e F, G, di Lyonnet, e forse di altri più superficiali. Certi fasci pajono interposti come colonne quasi verticali fra il dorso ed il ventre, special- mente lungo il margine del corpo; e siamo per credere che si debbano a cotesti fasci certe depressioni puntiformi profonde, che distinguono la regione marginale da quella mediana dello sterno, e del tergo, e nelle quali quanto è di mezzo fra le due superficie ravicinate e connesse, essendo ridotto al minimo di grossezza, lascia ivi le parti con una trasparenza non ordinaria.
La disposizione dei muscoli nella femmina delle Diaspis darà fondamento a qual- che altra conclusione più tardi; qui essa viene opportuna per presentare di nuovo, e per gli insetti in istato di molta semplicità la condizione de’ muscoli in generale, riav- vicinandosi a quella propria di animali molto più semplici, dove si hanno antagonisti negli effetti, verticali fra loro nelle direzioni, muscoli longitudinali e trasversi, ai quali poi si aggiungono i coni muscolari degli arti, che si annunziano già nel tuber- colo setigero degli anellidi setolosi.
Per la disposizione dei muscoli negli arti si prende ad esempio un Dactylopius e una Pulvinaria, perchè l'arto è ben pronunziato, l'involucro assai trasparente da vedervi a traverso le parti interne, e di confronto si prende la disposizione degli or- gani corrispondenti nella Me/olontha secondo Strauss (1).
(1) STRAUSS, Consid. génér. sur l’anat. comparée des animaux articulés. Tom. 4.
S4 AD. TARGIONI TOZZETTI,
I muscoli formano due sistemi, radiale e cubitale (Tav. 3. fig. 9). Considerati segmento per segmento dell’ arto, cominciano quelli che dal corpo vengono nella ca- vità imbutiforme dell’anca, e passano da questa nel troncantere, dove secondo l'inser- zione loro, formano due corpi, uno lessore (f) l’altro estensore (e) del troncantere mede- simo (Strauss), e per lui di tutta la gamba.
Due fascioline muscolari parallele al margine posteriore, o base del troncantere compongono quello che Strauss ha chiamato adduttore della coscia (a).
Nell’interno della coscia stessa, stanno poi due corpi muscolari uno (f) più grosso e suddiviso (F7essore della gamba di Strauss), che scorre di dietro in avanti lungo il margine radiale, l’altro più corto e minore ( Estensore della gamba di Strauss e.) che scorre lungo il margine cubitale, e vengono, il primo in tre corpi, il secondo senza dividersi, agli attacchi proprii verso la gamba.
Per questi vi sono due distinti apodemi, quello dell’estensore viene dall'angolo più avanzato dell’apertura estrema della gamba, entra nella coscia, e risale in essa per circa '/, della sua lunghezza.
I fasci dei flessori si ristringono in un tendine proprio, ma i tendini diversi sono semplici suddivisioni di un apodema (o), che viene, scorrendo libero nella cavità, dal tarso, per la gamba, fino alla coscia. ;
La gamba e il tarso si troverebbero a questo modo percorsi da un tendine senza muscoli proprii, ma realmente in vicinanza della coscia vi sono due fascioline musco- lari oblique e'' (Estensore del tarso di Strauss), per una parte inserite alla gamba nel suo segmento radiale, per un’ altra nel tendine sopra indicato.
Le antenne mancano affatto di muscoli negli articoli loro tranne che nel primo, nel quale si vede (Tav. 3, fig. 12.) come dalla base convergano obliquamente verso l'estremo superiore dell'articolo stesso parecchi muscoli, elevatori alcuni (a-e), depres- sori gli altri (a-f), e come per questi tutta l’ antenna possa andar mossa e agitata sulla sua base.
I muscoli degli arti dei maschii non possono scostarsi molto dalle disposizioni ve- dute già nelle femmine, essendo gli arti medesimi, negli uni e nelle altre ugualmente composti, tuttavia è assai meno facile di analizarli. Nel corpo quello che per ora ab- biamo veduto più chiaro è un gran muscolo tergale a fibre longitudinali, che empie tutta la cavità dello scudo, corrispondente certo all’elevatore dell'ala di Strauss e che probabilmente cuopre alla vista gli abbassatori (1).
I muscoli non riempiono tutta la capacità degli arti, ma il vuoto lasciato da essi è occupato, come già si vide per le antenne altrove, da una massa granulosa, della quale i granuli affettano però le apparenze di corpi vescicolari.
Leydig si limitò ad accennare che negli animali giovani e attivi, le fibre de? mu- scoli sono striate, e che negli adulti la striatura è meno visibile (Op. cit. p. 4).
In fatto però i fasci muscolari presentano delle differenze di forma e di struttura, secondo gli animali, e più ancora secondo le parti di un animale medesimo.
(1) STRAUSS, op. cit. Tav. 3, fig. 5, x-y-2.
STUDII SULLE COCCINIGLIE 539)
Tutti quelli che scorrono aderenti all’involucro lungo il tergo ed il ventre dei Coccus o dei Dactylopius, sono più o meno appianati e nastriformi (Tav.3, fig. 13, 14,15. -— Tav. 4, fig. 2, 3), e a questi naturalmente si riducono tutti i fasci dei Diaspis Tav. 3, fig. 15) nei quali mancano gli arti.
La lunghezza di questi fasci è determinata da quella dell’anello al quale appar- tengono; la larghezza varia fra estremi molto lontani come 0," 057, 0," 066, 0," 100, (C. Cacti), 0," 008, 0,” 013 (Diaspis Bouchei).
I fasci di queste specie e di queste regioni del corpo degli animali sono troncati agli estremi, scannellati più o meno fortemente nel senso della lunghezza, e quasi divisi in colonne o fasci minori; sono inoltre offuscati nella traslucidità loro da lineette longitudinali flessuose avvicinate ed allontanate a vicenda, e i punti di convergenza o di maggior distanza delle linee o strie, quando il fascio sia alquanto contratto, pren- dono ordine in serie trasversali od oblique, e fan ricordare i fasci, o le fibre striate più conosciute (Tav. 3, fig. 15).
Trattati con acido acetico questi fasci, mentre rigonfiano e si fanno più traspa- renti lasciano vedere più netta una tenuissima membrana esterna continua (ce), e nel- l’asse un vacuo tubulare (a), dove la sostanza è meno limpida, e dove si scoprono dei nuclei (a') disposti in serie (Dactylopius Tav. 4, fig. 2).
I fasci dell'anca (Tav. 4, fig. 1.) sono attenuati verso le loro inserzioni, fortemente scannellati di fuori. Le strie trasversali vi sono molto apparenti, e i forti ingrandi- menti decompongono queste in altrettante serie di punti fra due spazii chiari, molto più stretti però di quelli delle fibre delle Lucciole, studiate da noi, dall’Amici nelle mo- sche, e da altri in altri insetti illustrate (1). Tali fasci cedono all’acido acetico più completamente degli altri piani o nastriformi del corpo, e non vi si dimostra vacuo distinto, o presenza di nuclei nell’asse.
Dove sieno troncati vedesi però che le rughe, le strie, le punteggiature dipen- dono dalle parti superficiali soltanto, e che la carne più densa alla periferia si fonde dal lato interno in una massa semifluida, finamente granulosa, viscosa, tenace assai, che si versa fuora, quando le parti esterne ancora irritabili si contraggono un’ul- tima volta.
Le apparenze delle solcature longitudinali, delle strie trasverse finiscono appoco appoco dove la fibra comincia ad attenuarsi per andare agli apodemi od ai tendini.
Sugli adulti il fascio par nudo, cioè colla sola sua membrana anista al di fuori; sui giovani animali però si vede che la massa carnosa è avvolta in una guafna cellulare, le cui cellule delicatissime hanno nuclei molto netti, e che appariscono molto più delle cellule stesse (Tav. 4, fig. 3 c c). Una differenza assai notabile ci pare poi fra le fibre muscolari delle Cocciniglie libere e semoventi per tutta la vita, o almeno a corpo molle e contrattile (Diaspis), e quelle delle Cocciniglie fisse (Lecanium), poichè in queste,
(1) TARGIONI TOZZETTI, Dell’organo che fa lume italiana di Scienze naturali. Tomo I, 1866 (presen- nella Lucciola volante. Nelle Memorie della Società tata nel 1864).
36 AD. TARGIONI TOZZETTI,
anco prima che abbiano deposto le uova, le fibre sono a confronto più sottili, grin- zose, quasi come se la membrana comune si retraesse sopra di sè venendo meno il contenuto a distenderla.
Sui corpi dei Kermes, benchè giovani ancora, le fibre muscolari appariscono come tubi vuoti limpidissimi, con qualche nucleo, e pejono più granulose che striate.
Diversi da tutti gli altri sono gli elementi dei muscoli tergali del torace o. eleva- tori delle ali del maschio. Qui la massa è divisa in vere e distinte fibre cilindriche parallele di 0,''002 di diametro, regolarissime nel loro decorso, e regolarmente striate in traverso (Tav. 4, fig. 4). Avviene talora che essendo in istato di molta estensione le strie restino allontanate, e appariscano realmente, come fu avanzato (fig. 5, a), dischi alternativamente più opachi e più chiari, rimanendo sempre a determinare la condi- zione vera di coteste apparenze. Noi non abbiamo nulla di più per isciogliere siffatti dubbii, ma in alcuni organi tubulari, di cui diremo, poco più grossi delle fibre istesse, abbiamo veduto le apparenze che in queste, per effetto della disposizione a strati di due fluidi diversi, e le divisioni essere più alte o più basse secondo la proporzione nella quale l’uno e l’altro di essi, si dividevano la lunghezza della colonna.
Rispetto al modo di inserzione abbiamo detto che i fasci muscolari aderenti alle pareti del corpo, sono quasi troncati dai margini degli anelli stessi o dagli apodemi che ne dipendono; ivi ancora le divisioni longitudinali, e più o meno profonde di uno stesso fascio si distinguono di più fra loro, e l’ estremo troncato pare in conseguenza ineguale e denticolato (fig. 13. Tav. 3).
Negli arti poi i diversi corpi di un muscolo si attenuano per trovare ciascuno iso- latamente il punto della inserzione, com’ è il caso dei muscoli dell'anca, nel fondo dell'anca stessa, ovvero, com’ è nella coscia, convergono, ad un tendine o apodema comune, che viene dentro di loro, e si divide nella massa carnosa in altrettante lacinie, che partono da lui come le barbe di una penna dal proprio e comune stelo di quella,
La cavità degli arti, come si vede osservando sulle pupe dei maschii in via di trasformazione, è occupata in principio da un contenuto granuloso, che poi si risolve assai chiaramente in altrettante minute cellule con nucleo voluminoso (Tav. 4, fig. 6, 7 a), e questa massa ammette nel mezzo un canale (0) percorso da una trachea.
Di poi appariscono le formazioni muscolari, e vi si distinguono per la maggiore traslucidità, e per l’apparenza del tendine e delle fibre che partono da esso.
Qui il muscolo si organizza per certo in mezzo ad elementi comuni di tessuto, e non sì vede quali siano gli elementi speciali da cui proviene. Nel luogo dei mu- scoli del torace del maschio, è da prima una massa traslucida finissimamente granu- losa, che lascia vedere, con qualche regolarità dispersi, nuclei assai chiari. La massa istessa presenta poi, per via di granuli ordinati in serie, una divisione in prismi o colonnette di 0.006 a 0.''008 parallele, regolari, le quali a loro volta dimostrano delle apparenze di strie trasversali, anco queste disegnate da punti allineati, fra le linee dei quali restano alterni degli intervalli più chiari (Tav. 4, fig. 5).
La presenza de’ nuclei fa credere che essi non sieno estranei alla formazione degli elementi muscolari, ma il volume che hanno, e le distanze a cui si trovano, maggiori
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STUDII SULLE COCCINIGLIE SÙ
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assai del diametro delle fibre che si manifestano e si determinano dal canto loro, la- sciano dubbio se i nuclei abbiano rapporto immediato con queste, o se rappresentino le formazioni istologiche dalle quali esse dipendono.
Le colonnette longitudinali, nelle quali la massa del muscolo si trova divisa, benchè occupino chiaramente il luogo delle fibre, che si trovano distinte più tardi, sono poi tre o quattro volte più grosse di queste, talchè o nel progredire sulla via della orga- nizzazione la materia che le compone si coarta, ovvero ogni colonna prima si divide in più fibre.
La prima ipotesi pare però più accettabile e può il muscolo costituirsi, come è poi. senza perder volume, o perchè ai già composti nuovi elementi fibrosi si aggiungono , o perchè gli interstizii rimangono occupati da materia interfibrillare che è sempre abbondante. Rispetto al valore poi di questi, che abbiamo fin qui chiamato fasci o fibre muscolari non può essere equivoco. Essi sono gli ultimi elementi reali, nei quali il muscolo sì risolve; ma comparati fra loro meritano di esser distinti, perchè in quei dei muscoli dorsali la materia sarcogenica acquista determinazione in elementi o fibrille, negli altri no, e torna bene quella divisione dei muscoli che altra volta abbiamo
raccomandato (1).
(1) TARGIONI, Dell’organo che fa lume nella luc- ciola volante. Mem. della Soc. ital. di Sc. natur. T.I. WEISMANN (V. Archiv. fur Naturgeschicte T. 30. 2. Bericht p. 371) osserva che mentre nei Vertebrati l’ e- lemento muscolare è di tipo cellulare (Zellentypus) o fibrillare (Primitivbundelstypus), negli Artropodi è di quest’ ultima specie, ed è dell'altra nei Radiati, Vermi, e Molluschi. La generazione però degli elementi musco- lari degli insetti osservata nelle larveo pupe dei Dit- teri (Chironomus, Simulia, Stractiomys, Musca), diffe- risce da quella che è nei vertebrati, poichè la fibra o fa- scio primitivo (Primitivbundel) non ha origine dall’ac- erescimento di una sola cellula, ma deriva da molti elementi istologici, i quali compongono una massa cel- lulare cilindrica, involta da una membrana omogenea. La membrana primitiva delle cellule svanisce presto, e restano i nuclei, intorno ai quali si depone una ma- teria sarcogena (sarcogene Substanz) finamente gra- nulosa. Da questa si forma la sostanza contrattile, la quale negli arti prende solamente le strie, nel torace si divide in fibrille. Dopo questa trasformazione i nuclei rimangono in parte soltanto , e la sostanza sar- cogena divenuta in parte una materia granulare finis- sima, resta interposta fra le fibrille.
Wagner non crede così, e pensa che gli elementi mu- scolari primi dei vertebrati convengono perfettamente con quelli degli invertebrati per quanto a una guaina
primitiva, al contenuto fibrillare, e alla forma corpu- scolare della sostanza dell’asse (Axensubstanze). Con- tro all’idea che il sarcolemma sia una membrana cellu- lare Wagner oppone le sue osservazioni sui ragni, dove è un passaggio insensibile, fra la guaina delle singole fibre muscolari e le fibre chitinose.
La differenza par che sia perchè Weismann ha stu- diato la fibra mentre si forma, e gli altri 1’ hanno stu- diata, già costituita. Questa può essere una ragione e la principale del diverso intender la cosa; ma un’al- tra è o può essere nel soggetto, cioè nel muscolo sul quale cade l'osservazione, perchè, secondo quanto ab- biamo detto potrebbe essere assai diverso il modo col quale si forma la fibra muscolare dell’elevatore del- l’ala, e quello che produce una delle fibre o dei fasci che compongono i muscoli dell’addome. Ciascuno di questi negli animali molto giovani ci ha mostrato uno strato celluloso assai distinto intorno alla sua propria massa ( fig. 4); questa poi non arriva mai a trovarsi di- visa in fibre minori o fibrille, come a torto le chiamano, almeno rispetto all’origine primitiva; la massa muscolare del torace, se mai i nuelei, che vi si trovano intorno dispersi, indicano uno strato cellulare che è sparito, avrebbe anch'essa avuto un involucro, ma comune a tutta quanta la massa , la quale poi nel suo interno sì sarebbe divisa e suddivisa in elementi fibrillari.
38 AD. TARGIONI TOZZETTI,
CAPITOLO IV.
Sistema nervoso — Organi dei sensi.
$ a. — Sistema nervoso.
Sul sistema nervoso delle Cocciniglie hanno tenuto parola Leydig e Lubbock (1). Leydig rileva giustamente che le masse principali, le quali già in alcuni Emitteri (Pen- tatoma, Cicada Dufour) sono raccolte insieme, nei Coccus (Lecanium) si ristringono anco di più, dappoichè tutta la parte inferiore del cervello (untere Gehirn portion), e tutta la parte ventrale del sistema si riduce a una massa sola, dal segmento poste- riore della quale partono i grossi cordoni nervosi. Quanto alla parte superiore essa è una lamina trasversale (Queerband) incavata nel mezzo, e ai due lati un poco in- grossata.
Egli passa poi, a nostro avviso, da una specie ad un’ altra di genere diverso, e pre- cisamente da un Lecanium a un Diapsîs, quando aggiunge che « in die Puppen.... den weichen gelbgriinen und fusslosen, unter der vertrockneten, abgesetzen Haut liegenden Thieren » la parte inferiore del cervello si compone di alcuni grandi lembi (Lappen), i quali mostrano delle divisioni, che verosimilmente divengono di più in più profonde.
Lubbock (op. cit.) descrive dal canto suo nei Lecanium la porzione sotto esofa- gea del sistema come un grosso ganglio (Subesophageal ganglion), che di dietro emette da ogni parte due nervi laterali, ed un nervo impari, e tutti corrono per con- siderevole tratto prima di fornire altri nervi, e con le divisioni loro, fornire ai visceri e agli organi tutti, gli strumenti di rapporto col centro della sensibilità. Alcune grandi cellule si trovano attorno al ganglio, e pajono analoghe ai corpi cellulari (Zellen korper) descritti da Leuckart (2) nel ganglio sopra esofageo della larva del Melophagus, e con- siderati a loro volta come equivalenti di altri organi osservati da Herold e Koelliker sugli embrioni di altri insetti, da non confondere però coi corpi agglomerati, che secondo Dujardin formano il ganglio nelle formicole neutre.
Sia per il minor volume della massa ganglionare sopra esofagea, sia per quello soperchiante dei corpi cellulari accennati da Lubbock, e che vi sono vicini, quella parte del sistema nervoso centrale non è facile a scorgersi, e non ne danno idea giusta nessuno dei due osservatori, che ne hanno come sopra discorso. L'abbiamo trovata e distinta chiarissimamente nel Coccus hesperidum auct. ( Lecanium laevis), anco meglio nel nostro L. depressum, nel L. Oleae, nella Pulvinaria del Mesem- briantemo, nei Dactyl/opius, e nei Diaspts.
(1) LeyDIG, Zur Anat. von Coccus hesperidum. (2) Die Fortpflanz, und Entwickel: der Pupi- LUBBOCK, On the digest. and nervosus syst. of Coc- paren; Halle 1853. cus hesperidum.
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Nei Lecanium essa è un corpo globoso trigono (Tav. 4, fig. 12, 17, g, c), con uno ‘dei lati volti in avanti, e continuato per gli angoli laterali in due grossi cordoni ner- vosi, i quali appena staccati rigonfiano sensibilmente, e poi per lungo tratto proce- dono indivisi verso le parti anteriori (1. 1).
Nei Diaspis (femmine) questo ganglio comparisce come una massa ovoidale posta in traverso, e spesso, sia per alterazione che vi porta nell'interno il fluido, anco albu- minoso, che bagna la preparazione, sia perchè realmente abbia la struttura che mo- stra, apparisce più globoso, colle pareti cellulose (Tav. 4, fig. 15, fig. 13, b.), e con una cavità centrale (5).
Nella pupa dei maschi, questa è la sua apparenza più spesso. I lembi (Lappen), di cui parla Leydig, formano di qua e di là a questo ganglio principale, proprio dietro o sopra la bocca, una lamina lobulata, lunga e ripiegata, nella quale per ogni lobo, come diremo, corrisponde una cellula. Nei Lecanium si trovano invece quelle cellule ganglionari, di cui Lubbock parla. (Tav. 4, fig. 10, fig. 15, k k).
Il ganglio sotto esofageo, fusiforme allungato nei Diaspis e nei Dactylopius, è globuluso piriforme nei Lecanium, con differenze sensibili di figura (Tav. 4, fig. 8, 12. 17, g s). Lubbock ha ben descritto che i nervi partono di dietro, uno mediano (1). e due laterali (Z /") per ogni parte, i quali spesso sopra uno de’ lati si riducono a un solo (fig. 8, fig. 12) per asimmetria, o sono uno per lato a quanto pare per regola fissa (L. hemisphaericum fig. 17). Anco in questo 1 Diaspis si distinguono, poichè manca spesso il nervo mediano, e sono due o più i nervi che nascono, assai lontani l'uno dall’ altro, dall’estremo posteriore del ganglio (Tav. 4, fig. 15). La connessione del ganglio sopra esofageo col ganglio sotto esofageo è occultata nei Lecanium dalle cel- lule laterali (k k). Nei Diaspis si vede assai fatilmente che fra questo e quello passano due commissure brevi, e grossette (Tav. 4, fig. 15, gn. gn).
Le misure ‘assolute valgono poco com'è naturale, ma questo ganglio nei Diaspis suol essere nel rapporto di 1: 2 per le sue dimensioni maggiori, o preso qualche caso concreto si sono trovate come appresso:
largh... 0,200: - a 0,'”083 lungh. 0,400 a 0,"'166
I nervi partono dai ganglii in forma di tubi semplici, e per lungo tratto indivisi; si dividono poi, ma in generale sono sempre lontane le une dalle altre le suddivisioni. Gangli e nervi formano poi un sistema chiuso e circoscritto da un involucro o nevri- lemma anisto, comune.
Le cellule nervose laterali ai gangli nei Lecanium sono sferoidali, libere per ogni parte, meno che per un punto e talora per una specie di peduncolo pel quale si man- tengono connesse fra loro; hanno una propria membrana, un contenuto fluido mi- sto di granulazioni minute lucidissime, e di sferule men trasparenti, e hanno un nu- cleo con nucleoli molto irregolari. Nel nostro Lecanium depressum ne abbiamo mi- surato di 0,'‘05 a 0,08 di diametro. Nella lamina lobulata (Tav. 4, fig. 15, fig. 10, fig. 11), dei Diaspis, per ogni lobo si ha un nucleo distinto o due (£ %), con un nu- cleolo, immersi in una massa, chiara (kk) dalla parte del rigonfiamento, più opaca
40 AD. TARGIONI TOZZETTI,
e come quella delle cellule sanglionari dall’ altra. Le pareti delle cellule in corrispon- denza dei lobi non si distinguono, ma questa presenza de’ nuclei autorizza ad ammet- tere che i lobi stessi non siano che cellule, per la massima parte confuse fra loro. La materia granulosa dove è più densa si compone di granuli molto minuti e fitti, da parer polvere secondo Leydig (feinpulveriger Substanze), e le granulazioni sue pren- dono ordine e disposizione lineare (fig. cit., fig. 9, 6 6), da fare apparire una struttura fibrosa (ein feinstreifiger Zug), che porta Leydig a parlare di fascio di fibrille (ein Bundel von Nerven fibrillen) nervose in organismo, nel quale i nervi non son mai fi- brillari. I nuclei di questi corpi sono voluminosi (0,"'0120 Leydig) da 0,'‘020 a 0,026 secondo noi, con nucleolo di 0,003 (Leydig) o 0,005 a 0,'"005 per noi, lucentis- simo e da simulare spesso una goccioletta di grasso.
Particolarità non descritta da alcuno è un tubo molto sottile, ma a pareti altret- tanto ben definite e resistenti, il quale, unico all’origine , poi biforcato con un ramo nella lamina lobulata di ciascun lato, la percorre tutta nell’asse, e giunto dove questa termina ingrossata, qui chiaramente si divide e si suddivide (Tav. 4, fig. 10aa a, fig. 9, a a). Ignoriamo la natura e l'ufficio vero di quest'organo, che ha, per la gros- sezza e la resistenza sua, le qualità di una trachea, come si hanno nei Diaspîs, ma non ne ha il colore, e non si mostra dipendente da alcuno dei tronchi principali, coi quali le trachee medesime si diffondono pel corpo di questi animali.
Sensibilmente conforme a quello delle cellule nervose laterali è il contenuto dei gangli sopra e sotto esofageo, ed è più rado cioè meno granuloso e torbiccio alla pe- riferia che nel centro della massa. Nel ganglio sotto esofageo delle Philippia tende per di più a prendere una disposizione propria , indipendente dal sacco in cui si con- tiene, apparisce lobulato, e fa venire in mente la disposizione dei gangli in catena, che si ha in altri animali. (Tav. 5, fig. 8 g' g').
Le misure dei nervi variano molto; se si prende un L. depressum nel quale il gan- glio sotto esofageo sia una massa ovale di 0,"'19 a 0,""20 di lunghezza, il nervo ter- minale, che è il più grosso, nel primo tratto per una lunghezza di 0,"28 a 0,730, avrà in grossezza 0,''028. Rigonfia un poco, o forse si appiana dove si biforca, dando due rami uno di 0,"'022 uno di 0,028, che poco dopo si dividono a loro volta, ciascuno in una divisione di 0,''014 e in un’altra di 0,"009, e queste si suddividono ancora ripetuta- mente fino a dar dei rami, che misurano 0,"'005, a 0,/001, e meno ancora, di diametro.
Le ricerche per conoscere il modo di terminazione di questi nervi sulle fibre mu- scolari sono state per noi senza frutto.
Dai nervi maggiori ai minori poi è differenza di volume, non di composizione, perchè gli uni e gli altri (Tav. 4, fig. 14) sono tubi a parete membranosa (n), pieni nell’interno di un fluido, che qualunque sia la virtù di cui è insignito, è una sostanza incolora, traslucida, viscosa, nella quale nuotano delle granulazioni minute (#') non molto frequenti, e che si dirada quà e là, quando l’acqua la penetra, lasciando delle lacune sferoidali, che possono facilmente imporre come se fossero cellule (n).
Il carminio mostra di colorare più facilmente i nervi, e i corpi cellulari che non propriamente i gangli nervosi; l’ acido acetico e gli alcali alla lunga o prontamente sciolgono la massa generale sì degli involucri, che dei contenuti.
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Intanto i nervi dei nostri animali sono conformi a quelli degli Echinoderni, dei radiati, dei polipi, secondo Leydig, che distingue nervi, come nel caso, composti di una membrana omogenea e di un contenuto omogeneo anch’ esso; nervi composti di una membrana omogenea e di un contenuto fibroso (langstreifigen Inhalt), come nelle larve delle Corethra, in molti Molluschi e Crostacei inferiori, senza però che le fibre sieno divise; o nervi composti di una membrana omogenea e di un contenuto fibroso a fasci a loro volta circondati da una guaina di natura nucleare come in molti anellidi e molluschi; o nervi composti di un contenuto fibroso a fasci con guaina, e fibre circondate da uno strato trasparente, che supplisce lo strato di grasso delle fibrille degli animali superiori.
S db. — Organi dei sensi.
Le antenne sono squisiti organi di sensazione nelle larve, e nei Dactylopius, e nei maschi di tutte le specie, ma nelle femmine dei Coccus che le hanno grosse e corte, in quelle dei Lecanium che sì piegano indietro, e appresse al guscio rimangono inerti sotto di esso e non servono prima, o cessano presto dalle funzioni specialmente con- fidate a loro. La pelle tutta dei Dactylopius è dotata di squisita sensibilità, come lo mostra il contorcersi vivo dell'animale, quando con una punta acuta si irrita.
Gli occhi delle larve o delle femmine nelle quali persistono (Dacty/opius) sono semplici, composti cioè di una cornea trasparente distintissima, che cuopre uno spazio lucido dietro di sè, e quindi una massa pigmentaria considerevole, ed alla quale è probabile che faccia capo un filamento nervoso non osservato però.
I maschii dei Dactylopius e dei Diaspis hanno occhi semplici anch'essi in nu- mero di quattro, come sl è visto, e resultano di una corneola convessa, e di un lim- pido cristallino, sferico, abbracciato per di dietro da una massa pigmentaria volumi- nosa composta di corpuscoli sferici di 0,"'020 a 0,"'027 di diametro (Tav. 1, fig. 28, 66), disposti con qualche regolarità un presso l’altro, bruni violacei quasi neri, ma so- lubili negli alcali, in presenza dei quali diffluiscono in una materia ametistina. Nella Pupa però si trovano da principio, invece degli occhi della larva, e nel luogo di essi, due grandi masse pigmentarie soltanto (Tav. 1, fig. 22, b b); queste masse restano per assai lungo tempo indivise, si dividono poi (fig. 21 b), restrin- gendosi il pigmento intorno ad altrettanti cristallini sferici ben definiti in ultimo (fig. 28, b b), i quali si presentano formati, senza però poterne seguire la formazione a traverso la massa nera che gli nasconde. Non si vede chiaro nemmeno pei maschii la connessione degli occhi per via di un nervo, o altro organo nervoso colle masse ganglionari del centro (1).
(1) Il maschio del Coccus Pela (Pela cerifera nob. pipedo, porta un gran numero (6a 8) di occhietti sem- Eurycerus ceriferus Guerin), per la forma generale plici sferoidali, voluminosi, isolati fra loro, ma disposti e per l'armatura stiliforme dell'addome somigliante in modo che uno occupa il mezzo del margine frontale molto a quello di un Diaspîs, nel suo capo globuloso anteriore, gli altri formano a’ due angoli solidi laterali troncato in avanti e quasi trasversalmente parallele- due gruppi simmetrici. Un lavoro postumo di Dujar-
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Non siamo in caso come si è altrove avvertito di affermare l’uso di due tuberco- letti che si trovano nell’ apice frontale, e sono corrispondenti per di dentro a una sfe- retta traslucida, nella nostra Diaspis Fioriniae, e preferiamo di indicarli senza pre- giudicare sulla loro natura, ad emettere su di essi un parere non appoggiato ad osser- vazioni concludenti.
CAPITOLO V. Degli Organè respiratorii, e degli Organi digerenti. $ a. — Organi respiratorii.
Degli stigmi, dei peritremi, che ne guerniscono le aperture, e dei tubi acriferi, che mettono in rapporto col margine estremo e coll’aria i primi, rimasti interni dopo la espansione del corpo cui vanno sottoposti i Lecanium e i loro affini, abbiamo altrove detto quanto importava di più.
Qui conviene dire delle trackee; le quali secondo Leydig dovrebbero comunicare collo stigma per mezzo di una vescica (Tracheen blase) che a noi non è dato vedere.
Le trachee (Tav. 4, fig. 13, t) fanno capo all’orifizio o padiglione interno del peritrema (s) per via di due o tre tronchi maggiori, che imboccano in esso diretta- mente, e anco per alcuni tronchi minori; le aperture di tutte vengono a formare una specie di vestibulo (t') che si confonde per una parte collo stesso padiglione stigmatico.
Le femmine dei Diaspîs danno nella più semplice forma il piano di origine e di distribuzione del sistema delle trachee, ed in esse fu ben rappresentato ed esposto giù da Burmeister (1). Supponendo di muovere da uno dei due stigmi anteriori, irradiano da esso in avanti, in dentro, ed indietro dei tronchi principali. Quelli che vanno in avanti si perdono nella regione che invadono; di quei che vanno più o meno diretti all’indentro, uno almeno corre in traverso , e ritrova il suo omologo dell'altro lato, col quale unito, forma una sbarra che incrocia l’asse del corpo. Di quelli che vengono in dietro, uno discende obliquo per un certo tratto e dà rami, che vanno a trovare altri rami, che di dietro in avanti vengono dallo stigma secondo; questo poi ne dà altri a sua volta, che si dirigono come quelli del primo.
Dai tronchi, che vanno indietro però si compongono due sistemi uno esterno, uno interno; la condotta dell'ultimo si protrae di più, tanto che il suo ramo principale seguitando a certa distanza la linea mediana, viene fino all’estremo del corpo.
din recentemente pubblicato (Amm. des scien. natur. ne hanno uno sferico, affatto distinto dalla cornea me- Ser. V.T.7), sugli Stimmi degli animali articolati nega desima, che riman vuota quando si attacca la prepa- la presenza in essi di un cristallino, riportando alla razione colla potassa. — Il diametro di questo corpo cornea il corpo lucido, diafano, e refrangente che si misura circa 0,''05.
trova in cotesti organi. — Il fatto è però che gli occhi (1) Handbuch der Entomolagie, Tav. 1, Tav. 2.
semplici dei Diaspis, come dei Dactilopius maschii, fig. 10.
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Tutti questi tronchi e sistemi, qui descritti come i Diaspis li mostrano, si divi- dono in rami, e questi ramificano a loro volta, e si dividono in sottilissime e quasi infinite barbe finali, ma più o meno secondo le specie. Quindi più che nei Diaspis il sistema risulta complesso nei Dactylopius; più che in questi nei Lecanium; nelle Pulvinaria è singolarmente ricco di trachee il lembo vicino al margine; nei Chermes le trachee formano una gran massa, che occupa molta parte della cavità del loro corpo sferico e vescicoloso.
Delle trachee dei maschii poco abbiamo da dire se non che quelle dei Diaspis (D. Boucheît) dipendono da due paja di stigmi, situati rispetto alle gambe come nelle femmine, con peritrema tubulare minutissimo, e dal quale si staccano con un tronco indiviso per certo tratto, per dividersi poi, in molti tronchi, che danno rami a ogni parte, agli arti ed alle antenne in ispecie.
Le trachee sono sempre tubulari, ed è facile distinguervi la tunica spirale (t'), fin- chè si hanno a mano grossi tronchi, grossi rami, e di grossi animali (I'av. 4, fig. 16); ma sugli animali minori, come nei maschii, e nelle larve, le trachee hanno apparenza di tubi semplici, colla parete tutto al più assai resistente.
Nei Diaspîs per questo appunto le trachee pajono, sotto ingrandimenti mediocri , tubi formati da una membrana lucente argentina e continua, non nelle ultime divi- sioni soltanto, ma anco nei tronchi di discreto volume.
In ogni modo la tunica fibrosa elastica (t') apparente in quelle più grosse, o di maggiori specie è circondata da uno strato esterno quasi muccoso (t), distinto assai e forse più sui tenui rami che sui maggiori.
$ bd. — Tubo intestinale.
Ramdhor (!) ha descritto il tubo intestinale del Chermes Alni, come lungo 3 volte più dell'animale, coll’esofago corto e stretto, lo stomaco dilatato e trasparente, l’inte- stino tenue (Diinndarm) vuoto, largo quasi come lo stomaco, due volte piegato, e l’ in- testino crasso (Mastdarm) corrugato in traverso (querfaltig).
Secondo Leydig nel suo C. hesperidum (2), dopo la cavità buccale, in cui si di- stinguono una linguetta o becco (Schnabel) formata da più listarelle ristrette, e al- cune spine cornee (Horn griten), vi è l’esofago corto, dilatato poi in uno stomaco allungato; questo continua coll’intestino, che, più volte ripiegandosi, finisce all’ano. Verso il terzo ultimo della sua lunghezza dà origine per di più a due ciechi (Blindst- cke), dei quali uno più semplice va libero interamente nella cavità del corpo da un lato; l’altro si raccoglie in un gomitolo, e si insacca in una vescica, la quale sembra allungarsi oltre il termine della parte che vi si è intromessa, e venire a prendere rap- porto colla cute, posteriormente.
Secondo Lubbock (3) il vero esofago è lungo ed all'estremo sottile; diventa poi
(1) Abhandlungen ueber die Verdauungswerkzcuge (3) On the digestive and nervous system of Coc- der Inseclen p. 198, Tab. 26. f. 2, 3. cus Hesperidum, Proceedings of the R. Society for (2) Zur Anatom. von Coccus Hesperidum, Zeztschr. Nov. 18, 1858. Fig. 1.
fiir Wiss. Zoolog. V. Tab. 1. Fig. 1.
di AD. TARGIONI TOZZETTI,
piriforme ed include una singolare glandula cellulare. Dopo la dilatazione parte da esso e va all'indietro un corto intestino (</eo) che si apre nel retto, e questo poi con- tratto sopra di sè, finisce per aprirsi nell’ano, alla parte tergale ed estrema del corpo.
Ma l'apparecchio gastro-intestinale che, composto in tal modo sarebbe ancora assai semplice, breve, e diritto, si rende composto e complicato di più, perchè alla parte anteriore della dilatazione piriforme sono attaccate, dietro l’esofago, le due termina- zioni di un intestino ricorrente, ed un cieco generalmente rigonfiato alla base, stimato per equivalente di uno stomaco succiatore (Sucking Stomach). Secondo Lubbock al- tresì l’esofago nella porzione piriforme, che poi chiama stomaco, corrisponde al sacco che involge il cieco aggomitolato di Leydig, e questo cieco è la sua glandula cellu- lare. Leydig descrive e figura l'intestino propriamente detto del Coccus Resperidum (Lecanium levis) tutto diritto; Lubbock lo descrive e disegna formato ad ansa chiusa, ma per quanto Lubbock censuri con ragione le osservazioni di Leydig e il suo modo di vedere, ci pare poi che esso non abbia sempre compreso bene l'osser- vatore tedesco, e dal canto suo non sia riuscito in tutto a comprendere il vero, molto meglio di lui.
Per noi (Tav. 5, fig. 5, 7, 8, 9) l'esofago (a) filiforme, positivamente sbagliato da Leydig non si sa con quale tubo brevissimo seguitato da un sacco allungato, meglio veduto da Lubbock, discende dalla bocca per un certo tratto nella cavità viscerale, e quivi si allarga in un tubo di maggior capacità e di più grosse pareti (b). Appena mutato il diametro, la parte ingrossata si piega bruscamente, risale in alto, lungo l'esofago stesso, e forma con questo un’ansa chiusa in basso, le cui branche (a b) una esofagea ed una gastrica, la prima sottile, l’altra ingrossata, l'una discendente, l’altra ascendente, stanno in modo che quella forma quasi l’asse di un’ elice, che questa descrive con giri più o meno numerosi, in modo più o meno complicato, variando in tutto ciò, secondo la specie. Così per noi ha origine, ed è il cieco a gomitolo di Leydig, o la glandula cellulare di Lubbock.
La parte ascendente dell’ansa, dopo aver descritto i giri più o meno numerosi del- l’elice accosto alla parte discendente o esofagea, si continua nel tubo intestinale (c'' c') e dopo un decorso più o meno lungo, nel quale forma varie circonvoluzioni, si allarga in un sacco fusiforme (c'’) o globoso, che poi, ristretto in (1), si apre al di fuora, ove
è l’ano, aumentato anco da un corpo glandulare (g, fig. 6).
Ma questa parte sacciforme ed estrema del tubo enterico si trova a contatto, verso l'origine sua, colla convessità dell’ansa esofago-gastrica detta di sopra, si ripiega in- torno ad essa, e la ravvolge come una sierosa farebbe rispetto ad un viscere in ani- mali di più alta organizzazione. L’ansa così penetra nella sacca, senza sfondarla, più o meno addentro, a seconda che è più o meno lunga, più o meno complicata per sè medesima, e ne vengono le varie apparenze, delle quali portano alcuni esempii le no- stre figure, ma in sostanza ecco cos’ è il sacco piriforme 0 stomaco, male a proposito così detto da Lubbock, e d’altro canto la borsa che involge il cieco aggomitolato di Leydig, ed ecco di più come si forma l’ansa intestinale o l'intestino ricorrente, sfug-
gito a Leydig stesso, e del quale Lubbock dà, con non buona spiegazione, una assai buona figura.
STUDII SULLE COCCINIGLIE 45
Nei Lecanium e generi affini (Chermes, Philippia, Pulvinaria, ecc.) il tubo inte- stinale, descritto il lungo corso, col quale forma la grande ansa nella cavità del ventre, prima di dilatarsi per formare il sacco che avvolge l’ansa minore o esofago-gastrica, produce da una parte un’appendice cecale (h), che è il cieco libero di Leydig, visto e disegnato anco da Lubbock, e questa appendice pare caratteristica dei generi detti di sopra, poichè manca nei Dactylopius, e tanto più nei Diaspis.
Nei Dactylopius (Tav. 5, fig. 5) si ripetono essenzialmente le disposizioni osservate fin qui, ma la branca maggiore o ascendente dell’ansa gastro-esofagea è brevissima, e l'elice che essa dovrebbe formare, salendo lungo l’esofago, è appena cominciata, e più che invaginata, è appena accostata e intromessa nel sacco pirifome. Manca per di più l’ appendice cecale libera come sopra si è detto.
Tanto nei Lecanium e loro affini quanto nei Dactylopius, si aggiunge all’ inte- stino da una parte un condotto (d), unico da principio, ben presto diviso in due rami (Tav. 5, fig. 4,5 d' d'), e così sì compone l'apparecchio dei tubi malpighiani,in questi animali.
La difticoltà di isolarlo dai sottilissimi corpi, rende incompleta l’immagine data (Tav. 5, fig. 3) del tubo intestinale degli A/eurodes (A. Phyllireae in stato lecani- forme), ma qui pure si ha in (ab) l'indizio di un’ansa gastro-intestinale, della grande ansa descritta dall’intestino (ec e''), di un sacco (e), e dei tubi malpighiani (d' d').
Nei Diaspis le cose pajono molto più semplici, ma la osservazione è più difficile, e non ha chiarezza di resultati su tutii i punti. — Certo è che nel D. calyptroides due grossi e brevi tubi malpighiani (d' d' Tav. 5, fig. 1) nascono quasi insieme all’ al- tezza della bocca, innestandosi a un tubo vestito da molto grosso epitelio (b) (sto- maco ?), che probabilmente per un altro stretto e brevissimo (i) si connette alla bocca stessa in avanti, mentre indietro (b') si ristringe e va dritto all’ano.
Nei Chermes (C. Bauhinii Planch. Tav. 5, fig. 6), il sacco che si forma dal retto (e e‘), è grande ed ovale, l’ansa gastro-esofagea (b) vi descrive dentro più giri, e per singolarità non dubbia, ma non spiegata, osservando le parti appena tolte dal corpo dell'animale giovane, si è vista muovere nella parte più bassa, con movimento ritmico di pulsazione, per assai lungo tempo, in modo da far cercare se per avventura fosse insieme, coll’ansa gastro-esofagea, nel sacco stesso, qualche parte di un appa- recchio impellente per la circolazione.
Nella Columnea (Tav. 5, fig. 7) il sacco rettale è globoso e breve prima, poi stretto e allungato; è occupato dall’ansa introflessa soltanto nella parte più alta nel Lecanium laevis, in quello che è rugoso prima, poi liscio e bruno dell’Oleandro, e che probabilmente Lubbock e Leydig hanno studiato sotto nome di L. Resperidum (Tav. 5. fig. 8). Più largo poi, il sacco rettale, e l’ansa introflessa anco più piccola che nelle specie precedenti, si trovano nella nostra Pulvinaria del Mesembriantemo. (Coccus Vitis auct., Tav. 5. fig. 9). Il sacco allungato, l’ansa gastro-esofagea non tanto serrata, ci ha permesso di vederne più netta che in altra specie l'origine e la disposi- zione nel nostro L. depressum (Tab. 5, fig. 4).
Quanto a distinguere nel tragitto dell’uno o dell’altro di questi tubi enterici delle regioni corrispondenti a quelle, nelle quali per lo più si divide il canale alimentare per
46 AD. TARGIONI TOZZETTI,
gli altri insetti, chiaro è che vi è un esofago, un intestino propriamente detto, ed un retto; ma sarebbe difficile designare, se non forse nei Dactylopius, una regione distinta e propria allo stomaco, e più ancora, il dividere la regione stessa in sezioni; 201 abbiamo chiamato esofago-gastrica l’ansa, soltanto perchè assai indicato l’esofago dalla sua tenuità, la regione gastrica, si designa da sè nella parte ascendente dell’ansa istessa. Non sarebbe strano però nè fuori di luogo considerare come regione gastrica tutto il tratto del tubo digerente compreso fra l esofago e l’inserzione dei tubi mal- pighiani, siechè l'intestino comincerebbe sopra al rigonfiamento sacciforme nel quale tutto finisce.
Avendo a mano queste disposizioni di tubo intestinale giova ricordare le altre delle Mulgora (LP. europaea), dei C'izius (Cinius costatus), degli Psylla descritte da Dufour, e nelle quali un tratto ed un altro del tubo intestinale piegati a ginocchio in un punto, non formano per verità un’ ansa contorta come quella dei Coccidi, o intro- flessa in alcun altra parte dell’ intestino, ma tuttavia deviano dalla direzione di que- sto, e formano una regione a sè (1).
Dufour vide che nelle Cicale l’ intestino e i vasi biliari risalgono allo stomaco (2) e credè che vi si aprissero dentro, ma Doyére (3) mostrò che invece vi sì involge- vano solamente, spingendo avanti a sè la parete dello stomaco senza sfondarla, come fa appunto l’ansa gastro-esofagea dei Coccidi nel sacco rettale. La differenza è che nelle Cicale l'intestino e i vasi biliari si annicchiano nello stomaco, nei Coccidi invece è lo stomaco, o la regione corrispondente, che si annicchia nell'ultima parte dell'intestino.
I Centrotus, Ledra, C'ercopis, Aphrophora, Dorthesia offrono disposizioni conge- neri, le quali nell'intimo modo di essere non sono ancora chiarite con osservazioni dirette (4),
Dopo aver detto del tubo intestinale delle femmine vorremmo dire di quello dei maschii, ma finchè il maschio conserva la condizione di pupa, per la quale punto per punto corrisponde alla femmina, le disposizioni di questo apparecchio, nei Diaspîs almeno, non sono essenzialmente modificate (Tav. 5, fig. 11); quando poi l’animale ha subito la sua metamorfosi, o nel processo di quella è giunto a stadio avanzato, se ne perde la traccia. Nel maschio dei Dacty/opius, sul quale le osservazioni nostre sono
(1) DurouR, eecherches sur les Hemiptères. Tah.8. fig. 95, p. 228.
(2) Ann. Sc. nat. T. 5, 1825.
(3) Ann. Sc. nat. T. 3. Ser. 2. T. 11, p. 81.
(4) Debbo ad una cortese comunicazione del si- gnor Haliday alcuni disegni del tubo intestinale del Cixius nervosus (Fulgoridae), del Lachenus Laricis (Aphide), Psylla Alni, Livia juncorum (Psyllid@), Aleurodes Phylliree, Coccus Adonidum (Coccide), Orthezia cataphracte, Byrsocrypta Ulmi-petioli, ed è sensibilissima la relazione delle figure medesime, .con quelle nostre, quando corrisponde la specie. Fra le
altre daremmo volentieri quella della O. cataphracta dove si vede che l’esofago sottile, dà seguito a una dilatazione gastrica, oltre Ja quale si ristringe per al- largarsi di nuovo, ristringersi ancora, e mettere capo lateralmente ad un sacco, il quale rimonta col fondo suo più in alto per un estremo, mentre per l’altro finisce posteriormente nel retto. Questo sacco rettale ricorda quello dei Coccidi, e l’ansa gastro-esofagea di questi è pure ricordata da una brusca inginocchiatura, in cui si piega il tubo intestinale, compreso fra il primo e il secondo rigonfiamento.
STUDII SULLE COCCINIGLIE 47
però assai più scarse, abbiamo trovato molto distinto, anco sull’animale maturo, un tubo malpighiano lungo e sottile, come quello della femmina istessa; ma ci è mancato il tubo enterico, che dovrebbe però, dato il tubo biliare, trovarsi anch’esso presente.
Gli esemplari di Cocciniglia del Messico secchi o conservati in ispirito, dei quali abbiamo potuto disporre non si prestavano ad analisi così minuta.
La struttura del tubo digerente delle femmine è molto uniforme e semplice assai, cioè in tutto il tragitto, ed in tutte le specie per l’esofago, per l’ansa gastro-esofagea e per l'intestino (Tav. 5, fig. 2), si ha una membrana esterna (b. b.) omogenea, tappez- zata all’interno da uno strato di grandi cellule (a), nella cavità delle quali, oltre al- cuni granuli in mezzo al fluido di cui son piene, si trova un nucleo voluminoso (a'), con diversi nucleoli. Nei giovani animali queste cellule sono più ricche di granuli e più opache che negli adulti. Molto spesso poi i nuclei son due o più, ora in via di divisione, ora completamente divisi, lo che accenna ad un processo di moltiplicazione, il quale forse permette allo strato, da cui i nuclei e le cellule loro dipendono, di disfarsi, e riformarsi a vicenda, come un vero epitelio. Certo è che queste cellule sono molto lassamente unite alla membrana esterna, e fra loro, e che si staccano e cadono ne! vuoto dell'intestino con facilità.
Nella branca gastrica dell’ ansa introflessa le cellule sono di minor volume, più fitte, più piene di granulazioni. Nel sacco che ci rappresenta il retto si distingue poi una membrana omogenea esterna, ed una interna distesa talvolta, più spesso corrugata. e senza che apparisca tessuto o strato, pel quale sia connessa con quella di fuora.
In nessuna parte vi è traccia di fibre, benchè il tubo intestinale, quello dei Cher- mes specialmente, presenti delle profondissime rughe, e delle borse altrettanto spor- genti separate da quelle.
$ c. — Tubi varicosi o malpighiani.
1 tubi malpighiani (Tav. 5, fig. 1, 4, 5, 6,dd' d'), delle Cocciniglie sono stati indi- cati da Leydig col nome di Vas? orinarti (Harnschlauche) nel suo Coccus Resperidum, e in quello che chiama Ci Persicae, ben disegnati da Lubboch (op. cit.). Ramdhor non ne parla pel Chermes Alni. Ma il fatto è che nei veri Coccidi esistono, con grandis- sima costanza, in forma di due corpi tubulari riuniti in uno semplice e breve, che sbocca nell’intestino, poco prima che questo si allarghi formando il sacco rettale.
Questi tubi sono lunghi cilindrici e di calibro assai conforme nei Dactylopius (fig. 5), nodulosi irregolari ineguali più o meno nei Lecanium, nei Chermes, e nelle Pulvinaria. Sono brevi, diritti, grossetti nei Diaspis (Tav. 5, fig. 1, 11).
Dufour non descrive nè anco questa parte dell'organismo dei Coceus; nelle Dor- thesia però avverte, e noi abbiamo, anco colle figure del signor Haliday, verificato, che i tubi malpighiani sono due, uno per parte ai lati dell’ intestino, e che ciascuno forma un’'ansa chiusa, o una campanella. Siccome però questa campanella è pedunco- lata, la sua formazione è indipendente da una doppia inserzione del tubo che la com- pone, sull’intestino. Nei Coccidi poi una della metà dell'apparecchio è soppressa e quella che rimane in forma di tubo biforcato rappresenta assai bene un follicolo a
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fondo sporgente, non semplice però, come si vorrebbe da chi assegna(1) questa, con- dizione originaria all’apparecchio de’ tubi varicosi o malpighiani degli insetti, ma un follicolo composto, o con due corpi tubulari, il quale formerebbe facilmente un’ ansa da sè, quando i due tubi nei quali si divide, venuti a toccarsi per le loro estremità _ cieche, si riunissero e si aprissero l’uno nell'altro.
Sui giovani meglio che sui vecchj animali o sugli adulti si distinguono i loro ele- menti. Siebold, secondo Meckel descrive i tubi varicosi degli insetti come composti di una membrana sottile. e piena di cellule voluminose, disposte piuttosto in serie, che in massa, senza ch’esse formino però un vero epitelio intorno a un vacuo longi- tudinale ed interno dei tubi stessi.
Prendendo per oggetto di studio quelli di un Dacty/opius (Tav. 5, fig. 5, fig. 10), nel quale il tubo, lievemente compresso, sia del diametro di 0,06, esso ha di fuora, non distinto dalla membrana che lo circoscrive, uno strato pellucido molto tenue, sul quale si avverte una traccia di strie trasversali, ma non si distinguono elementi di tessuto proprio; una infinita quantità di granuli lucenti, e più rade gocciolette di grasso colorato di verde lo riempiono (fig.